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Approfondiamo insieme l’uso alimentare della canapa con Giuseppe Sammartino di “Molino Crisafulli” dopo lo speciale dedicato da Terra Nuova a questa pianta dalle molteplici possibilità

La canapa, una pianta tanto diffusa quanto discussa e ancora velata di molti pregiudizi. Sul nuovo numero di Terra Nuova un approfondito speciale evidenzia gli usi di questa pianta che oggi approfondiamo nel suo uso alimentare insieme a Giuseppe Sammartino di “Molino Crisafulli”.

Giuseppe che cosa è successo nel 2016? Ad un certo punto avete deciso con tuo fratello di aprire questa possibilità alla vostra azienda…

Esatto. Nel 2016 riusciamo finalmente a coltivare il primo ettaro di canapa in Sicilia. Tutto nasce qualche anno prima da un’idea di mio fratello Francesco che allora era ingegnere a Milano. Parlando con un po’ di amici e trovandosi in alcune situazioni, avevo ipotizzato di poter coltivare la canapa anche da noi in azienda.

Abbiamo l’azienda prettamente cerealicola e orticola, e l’idea con cui arrivo quel Natale del 2013, era quello appunto di inserire in rotazione con le nostre colture tipiche, quindi soprattutto col grano duro, grani autoctoni siciliani, la coltivazione della canapa, con lo scopo chiaramente di chiudere la fiera dell’alimentare.

Dal 2013 siamo riusciti poi dopo tre anni a coltivare il primo ettaro per difficoltà varie ed eventuali nel reperimento del seme. E a marzo 2016 seminiamo i primi semi nel nostro ettaro di terra che utilizziamo di solito per fare tutte le sperimentazioni. Da lì è iniziata la nostra avventura.

Nel 2016 abbiamo raccolto il primo seme di canapa prodotto appunto in Sicilia e abbiamo da subito fatto una trasformazione. L’idea era di chiudere la filiera e siamo riusciti a farla. Abbiamo spremuto il nostro seme facendo il nostro primo odio, la nostra prima farina e da lì tutti i prodotti nati in seguito.

Canapa, dagli anni 50 ad oggi

Raccontaci qualcosa di più su questa pianta che ho scoperto essere molto diffusa sul nostro territorio.

Si sta ricominciando nuovamente a coltivarla. La canapa era una coltura molto diffusa già in passato fino in grosso modo agli anni 50-60, quando poi pian piano cade nel dimenticatoio. L’Italia era una grandissima produttrice sia per quantità ma soprattutto per qualità di fibra di canapa a uso tessile. La fibra della canapa italiana veniva scelta dalla Marina Brittanica per fabbricare le tele delle navi britanniche proprio perché è una fibra di altissima qualità.

Poi pian piano dopo gli anni 50 si iniziò a non coltivare più qui, si dimenticò come si coltivava, le varietà autoctone, varietà italiane si sono perse fino a ritornare in voga fine 1990-inizio 2000. Si ricomincia a coltivare e parlare di canapa anche in Italia. Si è ricominciato con la canapa da fibra fino ad arrivare fortunatamente anche alla canapa a uso alimentare.

Mi sembra di capire che la canapa viene sempre associata all’uso ludico e ricreativo, però questo porta a quel pregiudizio, a questo bistrattare sempre un po’ questa pianta…

È una questione storica. La canapa proprio per le sue numerose virtù, sopratutto in ambito industriale, quindi parliamo di fibra, si decise di demonizzarla per dar spazio a una fibra nascente del dopoguerra, ovvero il nylon.

Il nylon è una fibra tessile di natura chimica, quindi non organica, aveva necessità di essere immessa sul mercato, di essere spinta. Da lì nacque l’esigenza di demonizzare la canapa e la fibra di canapa, in quanto è una fibra durevole, molto resistente, a basso impatto ambientale. Capiamo bene che se sul mercato deve essere inserita un nuovo prodotto di origine soprattutto chimica (il nylon derivava dal petrolio), bisognava distruggere tutta quella che era la fama e l’importanza della canapa.

Così si decide demonizzarla e si decide di associarla ad un uso non prettamente consono o accettato. E da li la canapa sopratutto nel mondo americano da “hemp” diventa “marijuana” che era il nome che si dava alla canapa nei paesi Latini. Chiaramente i paesi Latini erano visti non di buon occhio da parte della cultura americana. Di conseguenza si associò la parola “marijuana” alla canapa, che in realtà si chiama “hemp” o “cannabis” partendo dal nome latino. Quindi da lì nasce l’abbandono e il progressivo allontanamento da tutto quello che era il mondo della canapa, marijuana o cannabis che sia.

In Europa avviene la stessa cosa. L’unica nazione che continua imperterrita a coltivare, fortunatamente aggiungerei, è la Francia. La Francia ha continuato a coltivare canapa in alcune regioni nonostante il progressivo abbandono. Questo da parte della nuova nascente filiera canapa è stato un bene perché oggi ci troviamo a coltivare, soprattutto qui in Sud Italia, varietà da seme di origine francese. Avendo perso tutto quello che era il corredo genetico autoctono locale, stiamo cercando negli anni di trovare varietà che meglio si adattano alle condizioni climatiche del Sud Italia, nel nostro caso della Sicilia. E in questo le varietà francesi ci stanno aiutando.

“La canapa va spiegata”

Voi riscontrate però nelle persone, nei vostri acquirenti questo pregiudizio, nel momento in cui si pongono all’acquisto, a prendere in considerazione i vostri prodotti?

Nì. Nel senso la canapa va spiegata. Dal primo momento in cui abbiamo deciso di ricoltivare la canapa in Sicilia, perché la canapa in Sicilia era una cottura molto presente e frequente, abbiamo deciso di fare divulgazione, quindi informare la gente ma informare anche l’autorità. Da subito, anche in concerto con le amministrazioni locali, abbiamo fatto convegni, workshop, seminari informativi.

I primi che invitavamo in queste Convention erano le forze dell’ordine, quindi rappresentanti della polizia, del corpo dei Carabinieri, della Guardia di Finanza. Questo per far capire che nella canapa non c’era nulla di sbagliato, nulla di male. E raccontando quelli che erano benefici per l’ambiente, benefici per l’utilizzatore, benefici per l’industria che decide di investire in canapa da fibra o in canapa alimentare, o ad uso tecnico che sia, siamo riusciti a creare un’isola felice, soprattutto qui nell’area di Caltagirone, provincia di Catania, in cui realmente siamo diventati il punto di riferimento.

La gente è abbastanza istruita e preparata al mondo canapa. Arriva sempre la battutina di turno, per carità, sulla canapa, sulla pasta alla canapa, sull’olio della canapa. Però in realtà sono marginali come atteggiamenti. La maggior parte della gente è già informata, molto curiosa ed è molto ben propensa ad accettare un prodotto derivato dalla canapa alimentare o dalla fibra di canapa.

Canapa, quali potenzialità?

Quindi un segnale meraviglioso questo che la gente inizia ad interessarsi ad approfondire, è un passo avanti per sviluppare un settore e l’uso di una pianta che mi sembra di aver capito è estremamente sostenibile. Che potenzialità ha questa pianta?

La canapa ha migliaia potenzialità. Possiamo utilizzare qualunque parte della pianta a partire dalle radici sino ad arrivare alle foglie apicali e al seme. Ritengo che noi oggi della canapa utilizziamo forse 10-15%, è come se fosse una punta dell’iceberg. In realtà, siamo ancora alla parte immersa dal mare, ma abbiamo un potenziale nascosto che ancora deve essere sicuramente sfruttato.

È una di quelle colture sostenibili, sia dal punto di vista ambientale, che dal punto di vista sociale. Ambientale perché la canapa è una di quelle piante che disdegna assolutamente la chimica, vuole essere coltivata in regime biologico. Questo chiaramente dal punto di vista di sostenibilità ambientale è una cosa da non sottovalutare.

Inoltre ha anche un effetto benefico sui terreni dove viene coltivata: oltre a migliorare la struttura del terreno, fa un’areazione naturale alla struttura del terreno. Aiuta anche in condizioni di presenza di malerbe o di erbe spontanee. L’anno dopo che noi coltiviamo la canapa il terreno è naturalmente più pulito, privo di erbe spontanee e quindi funge da diserbante naturale. La coltura che faremo l’anno successivo si presenterà molto più pulita, meno piante spontanee che entreranno in competizione con ovvi risultati sulla produttività, sulla produzione.

semi di canapa
canapa

Quindi dal punto di vista agricolo e agronomico è sicuramente sostenibile e molto interessante. Stessa cosa dal punto di vista tecnico. Se pensiamo all’utilizzo in bioarchitettura o in bioedilizia della fibra di canapa o dei prodotti derivati dalla fibra di canapa, capiamo benissimo che si può utilizzarla per fare cappotti termici. Questo permette di eliminare il cappotto termico a base di idrocarburi. Si può utilizzare come intonaco, si può utilizzare come rete portaintonaco.

Quindi chiaramente dal punto di vista di sostenibilità ci permette di allontanarci da tutto quello che è materiale sintetico. Mentre negli anni 50 quindi per il materiale sintetico, per i materiali di sintesi, abbiamo abbandonato la canapa, oggi potremmo eliminare i materiali plastici tornando alla canapa.

Canapa ad uso alimentare

Si potrebbe veramente aprire un mondo di possibilità, però stiamo all’inizio, speriamo un buon inizio. Voi invece partite dal seme. Quali sono i vostri principali prodotti?

Il primo passaggio dopo la raccolta del seme sicuramente è la pulitura, quindi creare un seme quanto più pulito e consono alla lavorazione. Il primo passaggio è la spremitura. Il seme di canapa è un seme con alto contenuto di olio, è un seme oleaginoso. Quindi per poter fare qualunque altra lavorazione, prima di tutto va spremuto. Spremendolo, otteniamo da una parte l’olio di semi, da un’altra parte otteniamo un pannello proteico che, una volta macinato a pietra, diventa farina.

L’olio di canapa è un olio altamente ricco di acidi grassi polinsaturi omega-3 e omega-6, quindi oltre ad essere un ottimo condimento perché ha un sapore davvero molto gradevole (se è un olio di qualità aggiungerei), è un ottimo alimento nutraceutico, perché la presenza di acidi grassi polinsaturi omega-3 e omega-6 aiuta sensibilmente ad abbattere tutto quello che è colesterolo ma sopratutto i trigliceridi. Ha un buon contenuto di vitamina E, quindi è antiossidante.

Ed è un olio che va utilizzato a crudo, quindi non per friggere, anche perché ha un punto di fumo relativamente basso, ma esclusivamente a crudo. Quindi come condimento piuttosto che al cucchiaio come vero e proprio integratore alimentare.

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Edito da

Isabella Vendrame, ideatrice e conduttrice della serie Genuino Gluten Free, segue da diversi anni un’alimentazione vegetale e senza glutine, uno stile alimentare che le ha ridato salute, sorriso e benessere. Psicologa oltre che scrittrice ed attrice, segue attraverso consulenze online chi necessita di sostegno emotivo, motivazionale e pratico durante la delicata fase del cambio di alimentazione e di stile di vita. Si occupa anche di tecniche di rilassamento e mindfullness. Suo il blog Naturalmente Free in cui trovare articoli e ricette.

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