Un’esclusiva intervista a Monia Caramma, autrice di “La verità, vi prego, sul cibo”, per parlare di riso, pesticidi ed arsenico. Come scegliere allora il riso da acquistare?
Mangiare riso è sicuramente tra le nostre abitudini, ma ci siamo mai chiesti se i prodotti che acquistiamo sono davvero sicuri? Chiediamo oggi a Monia Caramma, autrice del libro-denuncia “La verità, vi prego, sul cibo”, di fare chiarezza tra pesticidi ed arsenico ed aiutarci a capire come scegliere veramente un riso di qualità.
Noi che divulghiamo un’alimentazione vegetale, ci appoggiamo molto su questo alimento, lo portiamo in tavola frequentemente. Come scegliere allora il riso di qualità?
Il riso è uno degli alimenti più utilizzati insieme al frumento ed è anche uno dei più sconosciuti. Va molto di moda negli ultimi anni il riso basmati contro il quale io ho iniziato una crociata. È un riso indiano/pakistano ed è un riso che arriva a noi (che sia biologico che non sia biologico) asperso, quindi vengono inseriti nel riso degli sterilizzanti.
A monte sta il fatto che non sappiamo, perché la regolamentazione è diversa rispetto a quella UE, quali sostanze – erbicidi e pesticidi – vengono utilizzate per la coltivazione, sia nel bio, che nel convenzionale. La normativa è molto chiara: in UE non sono autorizzate delle sostanze chimiche che invece vengono liberamente utilizzate in extra UE.
Non solo. Immagina come può del riso che non è detto che sia il riso della stagione in corso perché il riso spesso in quel paese viene stipato in silos o granai. Quindi il riso che viene spedito in Italia o in Europa non è detto che sia della coltivazione dell’anno, può essere anche un riso di 3 anni fa.
E quindi già questo è un limite a tutto quello che è patrimonio nutrizionale, giusto? Perché è ho un riso sempre più impoverito.
Esatto. Non solo impoverito, ma anche asperso, quindi vengono utilizzati erbicidi, fungicidi e sostanze perché non si formino le larve, né insetti e né tantomeno muffe. Quindi vengono utilizzati questi sterilizzanti, uno dei più noti è è l’ossido di etilene. Se facciamo una ricerca su RASFF, il portale delle allerte alimentari europee, scopriamo che dal primo di gennaio al 12 luglio ci sono ben 52 blocchi in frontiera su riso proveniente da India e Pakistan, biologico e non, per superamento dei limiti di aflatossine, sostanze erbicide e pesticidi non ammessi in Europa, sostanze antifungine o sterilizzanti non ammessi in Europa.
La questione è veramente importante per la nostra salute. Esiste l’alternativa al basmati. Il basmati fa parte di una famiglia che si chiama il Riso a chicco lungo B. Sono i risi aromatici, i risi che hanno basso amido, che hanno un indice glicemico inferiore rispetto a quello del riso brillato comune (come un carnaroli a cui siamo abituati). Questa famiglia Riso a chicco lungo B la troviamo anche al supermercato: Apollo, Emma, Gange, Giglio. Sono tutti i risi con esattamente le medesime caratteristiche, cambia solo il nome della varietà.
Pensiamo anche a questo: li troviamo però al supermercato un prezzo lievemente superiore al basmati. Come può essere che un riso di tal qualità come il basmati venga venduto con tutte le spese di trasporto, di stoccaggio, di logistica, ad un prezzo inferiore rispetto a quello coltivato in Italia? E non sono gli agricoltori italiani che ci guadagnano di più.
Spiegacelo tu, sei qui per questo!
A monte la manodopera indiana/pakistana, è risaputo che costa meno, ma molto spesso questi agricoltori vengono letteralmente affamati, e il riso viene messo nei container e nei silos per qualche anno, in modo tale che ci sia una manipolazione del prezzo fatta nei luoghi d’origine. Con il riso italiano la normativa prevede che pesticidi ed erbicidi siano codificati, quindi che non vengano utilizzate delle sostanze che stanno all’interno di un protocollo, nel convenzionale e nel biologico.
Come scegliere il riso di qualità italiano?
Quello che allarma sul riso nella produzione italiana, sono le acque di coltivazione perché molto spesso non sono controllate. Vengono superati i livelli di arsenico e di nitrati.
Nitrati
I nitrati sono quelle sostanze che si creano quando l’acqua passa attraverso o dei terreni che sono stati azotati, quindi sono stati fertilizzati in modo artificiale attraverso delle sostanze, oppure sono stati usati degli erbicidi, oppure passano attraverso delle zone industriali nelle quali ci sono degli scarichi, oppure ci sono gli scarichi dei depuratori. In quel caso si alzano i nitrati e i nitrati poi li ritroviamo tutti pari pari nei vegetali. Quindi non è solo il riso e anche l’insalata e anche tutto quello che mangiamo.
In Olanda, per esempio, questo è un caso importante tanto da essere diventato di allerta nazionale perché lì ci sono molti allevamenti intensivi e il governo sta pensando proprio ad un piano anti-nitrati proprio per proteggere la salute dei cittadini. Quindi quello del riso è un argomento estremamente sensibile per la nostra salute. Considerando quanto le mangiamo.
Penso tante volte il problema è che il riso, almeno da noi in Italia, viene coltivato soprattutto nell’area della pianura padana, un territorio che è fortemente inquinato. Io mi sono sempre domandata proprio del problema dell’acqua. Viene coltivato in un acqua che probabilmente porterà con sé tanto… Ma anche se andiamo ad acquistare un riso che è biologico ma è coltivato al nord Italia, quanto siamo sicuri di avere un prodotto pulito?
Purtroppo esistono le deroghe sull’acqua. Le ASL di anno in anno fanno le deroghe sugli irrigamenti, quindi innalzano in modo propedeutico al far passare l’acqua dell’irrigazione e non rovinare l’economia di un’azienda o di più aziende, innalzano i livelli di tolleranza di alcune sostanze. Questo è un problema serio, perché ovviamente l’economia prevale sulla tutela e il bene del cittadino. Ci sono tantissimi di questi casi.
Le zone tra Piemonte e Lombardia nelle quali ci siano dei territori veramente incontaminati, sono molto poche. Una delle migliori che abbiamo è il Parco del Ticino dove si coltiva un riso all’interno di una riserva naturale, e questa riserva naturale è schermata da una serie di filtraggi fatti con delle piante in modo tale che l’acqua, che poi viene utilizzata per irrigare le risaie, a parte il fatto che è iper controllata, ma poi venga monitorata costantemente e ripulita anche in modo naturale.
Degli esempi virtuosi ci sono in Italia. Abbiamo il riso della Piana di Sibari, che è fantastico. Abbiamo del riso sardo meraviglioso, anche quella zona è incontaminata. Ci sono delle zone vicino a Roma. Addirittura in Toscana ad Arezzo c’è una coltivazione di riso a secco che quindi non prevede l’utilizzo di acqua. È una coltivazione che qualche anno fa potevamo definire sperimentale e ormai è entrata. E anche nella zona sud di Milano si inizia a sperimentare la coltivazione del riso a secco.
È una grande risorsa, se pensiamo ai cambiamenti climatici, al risparmio dell’acqua. Quindi andarsi anche a cercare delle risaie a secco potrebbe essere interessante. Quindi invito tutti a inserire su Google “risaia a secco in Italia”. È un riso che non entra a contatto con l’acqua, quindi dal punto di vista della protezione dai pesticidi, dagli erbicidi, dai nitrati, dall’arsenico, siamo abbastanza più tranquilli.
Arsenico
L’arsenico è un grande tema. L’EFSA (autorità europea per la sicurezza alimentare) ha fatto delle rilevazioni sul baby food, quindi sul cibo dei bambini che è principalmente a base di riso. Ha fatto dei prelievi in tutta Europa e ha fatto le rilevazioni sull’arsenico: i livelli superavano il livello di tolleranza ammesso per regolamentazione. Anche da parte delle aziende, purtroppo, siccome le analisi sono standard, quindi devi fare queste, ci sono delle sostanze che escono e quindi non vengono nemmeno controllare, perché non è per protocollo obbligatorio controllarle.
Noi non le troviamo in etichetta e quindi pensiamo ingenuamente che, magari perché è bio, perché ci sta un alimento costoso, di poter avere un prodotto di qualità. Invece dobbiamo sempre capire che ci può essere qualcosa che non appare.
Normalmente quando si compra il riso, purtroppo c’è scritto solo “riso italiano” e quindi non sappiamo da quale zona viene. Se invece abbiamo la fortuna di trovarlo al supermercato di una specifica azienda agricola, uno degli esercizi che si può fare è quello di andarla a geolocalizzare e poi allargare la mappa e vedere dov’è collocata quell’azienda agricola. Perché anche questo è un esercizio che ci aiuta a sviluppare spirito critico. Sembra quasi difficoltoso, ma nella realtà ci dà lo stimolo per ricercare sempre di più e per essere noi gli artefici delle nostre scelte e decisioni.


Alcuni suggerimenti pratici per scegliere il riso e per la cottura
Questo è un ottimo suggerimento pratico, anche perché noi invitiamo alla consapevolezza e quindi questo è un passo anche culturale. Altri suggerimenti pratici? Andiamo da acquistare un riso italiano, biologico, pensiamo di aver fatto una buona scelta, possiamo anche gestirlo nella cottura?
Assolutamente sì. Ci sono due cose interessanti sul riso. Il riso è ricco di vitamine del gruppo B e quindi ci sono dei post nei quali dicono: assolutamente non dovete lavare il riso altrimenti togliete le vitamine del gruppo B. Peccato che le vitamine del gruppo B siano idrosolubili. E quindi che io lavi il riso o che io lo lessi in acqua, le vitamine del gruppo B se ne vanno.
Sono anche termolabili e le vitamine del gruppo B se ne vanno con la cottura…
Esatto. Quindi fare dei post dicendo “assolutamente non lavate il riso perché togliete le vitamine del gruppo B”, è una visione molto parziale e non ci dice poi tutto il resto.
Per eliminare l’arsenico – questo è un procedimento che è stato testato da un’università inglese che ha fatto le analisi sul crudo e poi sul cotto, le varie cotture – per eliminare l’arsenico fino al 80% si può lessare il riso in acqua bollente per 5 minuti, dopodiché scolarlo, buttare via l’acqua, risciacquare il riso e rimetterlo poi dopo con l’acqua fresca, pulita che bolle lo si rimette dentro. Ovviamente è un procedimento non adatto per il risotto, ma è un procedimento adatto per il riso bollito o per dell’insalata di riso, il riso freddo e quant’altro.
I fitati invece, le sostanze antinutrizionali che sono presenti nel riso, anche quelle, la maggior parte fino al 70% si degradano con la cottura. Quindi se ho dei cosiddetti antinutrizionali del riso, in realtà con la cottura, soprattutto su una cottura che passa i 20 minuti, non me le devo assolutamente preoccupare, perché fino a 70% si degradano e spariscono.
Un altro aspetto importante riguarda invece i pesticidi e gli erbicidi perché quelli ahimè non se ne vanno neanche con la cottura. O meglio: in parte entrano nell’acqua di cottura. Quindi una delle cose che suggerisco di fare è di non utilizzare la cottura per assorbimento. Nella cottura per assorbimento, qualsiasi sostanza chimica di residuo del biologico o di residuo del convenzionale ci sia, rimane dentro il riso. Questo vale anche per la quinoa, vale per qualsiasi cereale in chicco: più cuociamo in acqua abbondante, meglio è.
Per tutti i cereali questa tecnica di cottura per assorbimento io stessa non ho mai amato perché secondo me permette poi di trattenere troppo amido. Questa consapevolezza che ci dai oggi, va a rafforzare ancora di più l’uso della classica bollitura.
Intanto non perdiamo niente dal punto di vista nutritivo. Anzi perdiamo in sostanze chimiche sgradite che invece nella cottura per assorbimento troveremo tutte rigorosamente nel piatto. Se poi abbiamo un problema con amido-resistenza, per esempio, e abbiamo un problema con la glicemia (questo vale per qualsiasi cereale, addirittura anche per la pasta), possiamo lessare il cereale e farlo raffreddare a temperatura ambiente, metterlo nel frigorifero e poi mangiarlo a temperatura ambiente, non riscaldato perché altrimenti ri-inneschiamo il meccanismo. Questo ci aiuta anche, per esempio, con la glicemia.
L’ultimo dettaglio: cambia qualcosa tra riso bianco e riso integrale in termini di pesticidi?
In termini di pesticidi non cambia assolutamente niente. Cambia in termini di coadiuvanti che sono quelle sostanze ammesse per legge. La legge 1169 del 2011, che regolamenta il comparto alimentare, ci dice che sono queste sostanze che sono importanti per il processo di produzione, non per la ricetta finale, e quindi vengono utilizzati per ottenere un certo risultato di aspetto oppure di palatabilità del prodotto.
Questi coadiuvanti nel riso brillato, nel riso bianco, sono zucchero e una miscela di oli. Il riso, quando viene tolta la lolla, poi viene ripulito, poi viene brillato, viene tolta la gemma. Nel momento in cui viene tolta la gemma, viene spazzolato e viene aggiunto a questa miscela di zucchero e oli vegetali che servono per renderlo brillante, per fare in modo che i chicchi siano sempre staccati, che abbiano un bel colore bianco brillante e che quindi, quando fai il risotto, diano anche la cremosità che uno si aspetta dal risotto tradizionale.
Un’altra cosa molto importante è che tutto il riso che abbiamo in commercio arriva da semi brevettati da multinazionali. Ad oggi le specie antiche, le varietà antiche di riso sono quasi del tutto scomparse. Quindi il carnaroli che noi consideriamo il riso della tradizione italiana, ma la “tradizione italiana” inizia nel 1972. Il Rosa Marchetti, anche questo un riso pregiato, non è un riso antico ma è un riso che fa la sua comparsa in natura alla fine degli anni settanta e così via. Il riso Venere che è di proprietà di una grossa azienda italiana, quindi non è un seme libero, è l’azienda che lo controlla in regime di monopolio, nasce alla fine degli anni 80. E così il riso Nerone e tanti altri. Quindi questo è un aspetto molto importante. Quando mangiamo riso, proprio perché parliamo di consapevolezza, dobbiamo essere consci che stiamo mangiando il riso i cui semi sono di proprietà di una multinazionale.
Libro “La verità, vi prego, sul cibo. Manuale di sopravvivenza alimentare” di Monia Caramma
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