Un’eccellenza del nostro territorio preziosa per la nostra salute, il radicchio di Treviso, scopriamolo e impariamo a portarlo in tavola
Amo valorizzare e riscoprire in modo semplice e genuino i prodotti del nostro territorio. E da veneta, più precisamente trevigiana, non potevo in questa stagione non portarvi alla scoperta del Radicchio Rosso di Treviso Igp, meraviglioso ortaggio sempre più rinomato.
Apprezzato per il sapore particolare, per la forma caratteristica e i colori sgargianti, non manca in tavola quando si desidera preparare qualcosa di speciale. Trascurando il fatto che per molti secoli ha rappresentato invece il cibo povero delle campagne venete che i contadini cuocevano mentre i Dogi consumavano i loro pasti luculliani.
Il Radicchio di Treviso non potete non riconoscerlo poiché rispetto alle altre varietà ha una peculiare forma allungata. Le foglie si presentano di colore rosso intenso con una nervatura bianca molto accentuata e una consistenza particolarmente croccante.
È la ricchezza d’acqua sorgiva a rendere il Veneto e nello specifico la provincia di Treviso, il terreno ideale per lo sviluppo di questo ortaggio.
Alcune curiosità riguardo la sua storia.
Sembra che tutto si deva a degli uccelli che nel Cinquecento presso Dosson alle porte della città, avrebbero lasciato cadere dei semi sul campanile del paese, poi ritrovati dai frati che li avrebbero accuditi e coltivati.
Qui, grazie a particolari tecniche come la forzatura e l’imbianchimento ancora oggi praticate e durante le quali i mazzi dopo la raccolta vengono posti in vasche riempite con acqua corrente risorgiva, questo povero alimento si trasformò e si trasforma tutt’ora nel pregiatissimo radicchio trevigiano.
Secondo il disciplinare seguito, la fase di raccolta e il successivo imbianchimento vengono fatti non prima del mese di novembre e cioè dopo almeno due brinate. È necessario, infatti, che il gelo avvolga il cespo di radicchio per ben due volte affinché il processo vegetazionale della pianta venga bloccato.
Probabilmente avrete sentito parlare di radicchio precoce o tardivo,
definizione data sulla base del periodo di raccolta. Quello tardivo solitamente ha un sapore un poco più amaro. Questo caratteristico gusto dipende dalla presenza dell’acido cicorico. Ricordiamo infatti che il radicchio fa parte della famiglia delle cicorie e come loro contiene questa preziosa sostanza antinfiammatoria che deriva dalla caffeina.
Forse non sapete che l’amaro si concentra soprattutto nella parte bianca e che per diminuire questo gusto particolare, qualora sia poco gradito, è sufficiente mettere a bagno le foglie per almeno un’ora in acqua e limone.
Un altro segreto? Se lo mangiamo cotto, magari a tocchetti per la pasta o il risotto, cuciniamolo anche un paio di minuti in padella con un poco di acqua successivamente da scolare proprio perché è lì che si rilascia il gusto amaro. Rispadelliamo poi in padella il radicchio e usiamolo per condire pasta e cereali. Infine, non conserviamolo troppo in frigorifero poiché la disidratazione a cui va incontro accentua proprio il sapore amaro!
Questa particolare cicoria è amica della nostra salute,
benefica per depurare fegato e sangue, così definita anche da Plinio il Vecchio nel Naturalis Historia, ma anche aiuto per cuore, intestino e contrastare l’invecchiamento cellulare oltre che l’insonnia.
Il radicchio in generale, non solo nella varietà trevigiana, è formato dal 94% di acqua e ha solo 13 calorie per etto. Ricco di fibre, di minerali quali potassio, magnesio, fosforo, calcio, zinco, sodio, ferro, rame, manganese e vitamine del gruppo B, C, E, K.
La presenza di fibre e dei principi amari favoriscono la digestione e la produzione di bile che aiuta a digerire i grassi contribuendo a mantenere il fegato sano ed efficiente.
Il radicchio, inoltre, contiene inulina, fibra che promuove la crescita di batteri buoni a livello intestinale, bloccando allo stesso tempo la crescita di quelli nocivi apportando benefici alla salute del colon.
È ricco di antiossidanti quali le antocianine che aiutano a prevenire le malattie cardiovascolari e che contribuiscono a rallentare l’invecchiamento cellulare, la zeaxantina e la luteina che, invece, proteggono gli occhi.
La presenza infine del triptofano, aminoacido essenziale, conosciuto come precursore per il neurotrasmettitore serotonina e l’ormone melatonina, agisce nel contrastare l’insonnia.
I motivi per portare il radicchio di Treviso in tavola spesso ed approfittare ancora un paio di mesi della sua bontà sono davvero molti.
Negli ultimi anni l’ho riscoperto imparando ad apprezzarlo in modo semplice e genuino. La cucina locale attuale ce lo presenta spesso accoppiato a salumi, salsicce, formaggi saporiti. Ricette ben lontane dai famosi piatti di “radici e fasioi” con cui erano soliti consumare il radicchio i nostri nonni, abbinando radicchio e fagioli per lo più alla polenta.
Il modo più tradizionale per consumarlo è nel risotto che a me piace tantissimo impreziosire con noci e curcuma.


Un’idea è anche quella di cucinarlo brevemente in forno dopo averlo disposto sulla teglia insieme ad un filo di olio e a della farina di nocciole, ne otterremo un contorno davvero genuino e gluten free!
Meno diffuso è invece l’uso del radicchio di Treviso a crudo, modo questo per esaltarne la nota croccante e percepire meno il sapore amaro, specie con la varietà tardiva.
Provatelo in questo modo per condire la pasta come, ad esempio, delle penne di grano saraceno. Bollite la pasta e a parte spadellatela con un po’ di acqua di cottura, olio extravergine, origano e i tocchetti di radicchio. Se gradite, aggiungete pinoli o semi di canapa.
Oppure usatelo per una colorata, vitaminica ed antiossidante insalata insieme a pompelmo e noci, davvero un piatto meraviglioso!
Il radicchio di Treviso è un fiore commestibile: quando venga portato in tavola senz’essere prima condito, sembra, nella casalinga insalatiera, un mazzo d’orchidee in una preziosa coppa di porcellana.
Elio Zorzi, 1928