Analizziamo insieme lo scenario che si sta delineando per il nostro futuro in merito a cosa si mangerà. Insetti e carne sintetica per il bene del pianeta o per favorire un nuovo redditizio mercato?
Il dibattito è acceso e ormai è nota la decisione Ue di accogliere sul mercato un nuovo alimento a base di insetti e cioè la farina di grilli. Nel frattempo Usa e Singapore hanno dato il via alla commercializzazione della carne sintetica di laboratorio. Il denominatore comune? La sostenibilità ambientale. Cosa si mangerà allora in futuro?
Le agende degli stati governativi parlano chiaro, entro il 2050 è necessario fare una svolta concreta poiché ci sarà la necessità di sfamare quasi 10 miliardi di esseri umani. La direzione che sembra essere stata intrapresa da molti paesi in linea con il grande reset tecnologico in atto è quella di promuovere a scopo alimentare l’uso degli insetti, della carne sintetica, presto del latte creato in laboratorio (anche quello materno), di alimenti agricoli geneticamente modificati e potenziati nel contenuto vitaminico o resi più resistenti in caso di siccità.
Nel frattempo ci stanno stordendo con le diete low carb e l’importanza delle proteine, stanno arrivando sul mercanto ogni giorno nuovi prodotti super proteici che facilmente nei prossimi anni potranno essere addizionati con farina di insetti, ci stanno facendo correre sempre più veloci nella ruota della vita perdendo il contatto con la natura, dimenticando il piacere della vera tavola, diventando allergici al fare e capaci solo di acquistare cibo pronto. E quando la base è fertile, tutto è più semplice da fare, prova ne sono stati questi ultimi anni.
Insetti e carne sintetica in tavola, perché?
La Fao indica gli insetti come “fonte di cibo molto nutriente e salutare”, Bruxelles promuove sui social gli insetti come utili per passare a una dieta sana e salutare e nel frattempo prevede di stanziare un finanziamento di 3 miliardi di euro per ogni paese membro che incoraggi l’uso degli insetti nei menù, questo entro il 2025. Il Governo francese ha stanziato un miliardo di euro per un programma di sviluppo alimentare delle proteine intelligenti come microalghe e insetti commestibili e ha come obiettivo diventare leader mondiale di questo mercato entro il 2030, creando nuove proteine sostenibili per l’alimentazione umana.
Il business intorno al mondo degli insetti edibili è enorme e già nel 2017 ha toccato i 55 milioni di dollari. Ovviamente questi numeri a seguito anche della recente normativa Ue aumenteranno in modo esponenziale. Secondo alcune stime, questo mercato potrebbe crescere nei prossimi anni con un tasso del 28,3 per cento fino ad arrivare a 9,6 miliardi di dollari nel 2030. Numeri che fanno girare la testa.
I paesi che al momento stanno trainando questo settore alimentare sono per lo più in oriente, sono cioè Cina, Vietnam e Thailandia. Ma a questi si stanno aggiungendo gli USA e in Europa Belgio, Olanda e Svizzera, che hanno già iniziato a fare numeri importanti.
Discorso analogo vale anche per la carne sintetica, mercato in espansione e altra gallina dalle uova d’oro, nuovo alimento sostenuto ancora una volta dalla Fao per sostenibilità gli innegabili, a detta loro, vantaggi ambientali. Per ora l’Europa non approva e l’Italia si reputa contraria, per ora ripeto.
Cosa si mangerà in futuro? Cibo del futuro è vegetale?
Se ci fosse realmente a cuore la sostenibilità ambientale e la salute dell’uomo probabilmente si darebbe sostegno economico all’agricoltura rendendola indubbiamente al passo con i tempi, aiutando il settore ad avvantaggiarsi di un uso proficuo ed intelligente della tecnologia, a diventare sempre più green.
Per aiutare concretamente il nostro pianeta la direzione è quella di mangiare più vegetale, di portare in tavola ortaggi e legumi, frutta fresca, secca e cereali.
Chi mangia carne in media è responsabile ogni anno della produzione di circa 3,3 tonnellate di CO2, mentre un vegetariano di 1,7 tonnellate e un vegano di 1,5. Già semplicemente sensibilizzare alla riduzione della carne e derivati per alcuni giorni alla settimana, promuovere piatti vegetali alternativi, sarebbe un modo concreto di agire e ottenere veramente risultati sostenibili e incisivi.


A questo bisognerebbe aggiungere una valorizzazione dei prodotti del territorio, di acquisti a km zero che abbiano alle spalle una breve filiera. Si dovrebbe sensibilizzare a riscoprire alimenti locali e preferire quelli a cibi magari esotici, ma molto pubblicizzati dal mercato alimentare, provenienti dall’altro capo del mondo. Preferire insomma il nostro riso a quello etnico basmati, lo zafferano alla curcuma, i piselli agli edamame.
A supporto di questo dato concreto che si produrrebbe con un passaggio a un’alimentazione prevalentemente vegetale, vegana o plant diet come dir si voglia, è un articolo pubblicato sul New York Times del 2020 in cui l’autore Paul Greenberg ha analizzato quante tonnellate di emissioni potrebbero tagliare gli americani nel corso del 2020 attraverso un cambiamento della dieta. Ebbene, passare ad un’alimentazione vegana permetterebbe di ridurre le emissioni di anidride carbonica da 0,3 a 1,6 tonnellate per persona all’anno.
Cosa si mangerà in futuro, ritorno alla natura
Sono convinta che, come sempre, la consapevolezza sia la nostra migliore amica.
Ricordiamo che le nostre scelte e il nostro comportamento hanno valore e hanno il potere di orientare il mercato e le decisioni di chi ci governa.
Ben venga il cambiamento e così pure una spinta all’innovazione tecnologica, ma non a scapito di noi e di un violento allontanarsi dalla natura. Teniamo presente chi siamo, un popolo di agricoltori che vivono in un territorio prezioso produttore di ortaggi, legumi e frutti che tutto il mondo ci invidia. Viviamo in un paese ricco di natura che ha bisogno di essere amato e valorizzato.
Torniamo alla natura, diventiamo attori del vero cambiamento e divulgatori di buon senso, che, come diceva mia nonna che ha attraversato due guerre, è il segreto per superare con il sorriso ogni avversità perché chi tira troppo la corda, prima o poi si spezza!
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