L’industria alimentare sta distruggendo il pianeta?
L’industria alimentare sta distruggendo il pianeta? Il nostro modello di produzione del cibo non è più sostenibile. Sono molti, infatti, i paesi che stanno cambiando abitudini alimentari. Nonostante questo oggi il settore alimentare è diventato fulcro del capitale speculativo.
Gli attuali sistemi alimentari industriali hanno trasformato il cibo a mera merce, ponendo a rischio proprio l’ambiente e la società. A furia di produrre e allevare cibo industriale tutte le risorse del pianeta sono ormai quasi annientate.
Cibo industriale come ci sta distruggendo?
Persino in India, paese per tradizione prevalentemente vegetariano, stanno aumentando sempre di più il consumo di prodotti animali. Quasi tutta la distruzione del pianeta a partire dal suolo, dall’acqua e finendo anche nella biodiversità è responsabilità dell’agricoltura industriale. Da non sottovalutare ci sono anche i rischi legati alla propria salute, per cui molte malattie croniche sono causate proprio dall’agricoltura industriale. Il pianeta è continuamente sotto minaccia del riscaldamento globale, a causa dei gas a effetto serra legati all’industrializzazione dell’agricoltura. Al contrario di quello che si potrebbe pensare, l’agricoltura chimica non ci agevola in nessun modo, anzi le sue sostanze organiche non fanno che intaccare profondamente la fertilità del terreno, oltre che contribuire alla desertificazione e al degrado del terreno.
Sono sempre più comuni le monocolture, come strategia utilizzata dalla biodiversità dei sistemi alimentari industriali. Tutti gli insetticidi e le tossine utilizzate per il suono non fanno che ammalarci e ammalare il nostro pianeta.
Gli allevamenti intensivi per la produzione di carne rimane uno dei problemi più sentiti e fondamentali: l’industrializzazione della carne non si cura minimamente del benessere degli animali, che vengono nutriti con prodotti scadenti e antibiotici per aumentarne la velocità di crescita.
Questo non è solo un danno per l’animale, ma anche per l’uomo e per l’ambiente.
Qual è il reale motivo e quali sono le conseguenze di questo cambiamento?
A spiegarlo è il Dott. Vijayendra Murthy, partendo dalla considerazione che in India, paese che ha subito 800 anni di invasione inizialmente non esisteva il vegetarismo assoluto.
Il consumo della carne era permesso ma con il compromesso di allevamenti intensivi che non praticassero crudeltà verso gli animali.
“Quindi tutto poteva essere considerato cibo quando era assolutamente necessario, senza trasformare il cibo in un’industria di massa, ciò che in seguito è successo in India” spiega Dott. Murthy.
Due motivi per cui il vegetarismo non è più forte:
- Le invasioni mongole e straniere hanno introdotto nuovi valori nella dieta delle persone, cambiando la prospettiva indiana sul vegetarismo
- Le industrie alimentari capitaliste hanno portato a un consumo maggiore di carne nelle diete


Come conferma il Dott. Murthy “Andando nel villaggio più remoto dell’India, si troveranno ancora queste multinazionali che vendono bevande altamente zuccherate, che vendono queste carni economiche che sono altamente processate, che vengono prodotte attraverso un allevamento crudele di animali, pompati con ormoni, pompati con antibiotici per renderle gustose ed economiche. E questa disponibilità di cibo gustoso a buon mercato in un paese in via di sviluppo ovviamente persuade anche la classe media ad andare a mangiare carne invece di scegliere il vegetarianismo, anche se sanno che è più salutare”.
Qual è il danno del cibo industriale?
Quando anche il cibo diventa un’industria, si distrugge effettivamente la società. Mentre in passato il cibo era formato da pochissimi ingredienti, stagionali e locali, oggi le nostre scelte derivano da industrie che compromettono inevitabilmente il nostro gusto e il metodo di procacciamento. Come conclude il Dott. Murthy:
“La cultura di oggi è “Posso comprare il cibo, posso comprare cibo gustoso, posso comprare cibo economico e gustoso” e questo ha corrotto completamente le nostre scelte, di noi umani in generale. E ovviamente l’India non fa eccezione”.