La lana è un ingrediente tipico della maggior parte dei capi di abbigliamento invernali. Ci siamo mai chiesti se la lana è vegana oppure no e perché?
Arriva il primo freddo e come naturalmente accade ricerchiamo capi di abbigliamento caldi e confortevoli, soprattutto oggi che cerchiamo di contenere i costi delle bollette o ci vengono imposti riscaldamenti centralizzati più contenuti.
La lana per tutti fa rima con maglione e fa rima con freddo, ma ci siamo mai chiesti, soprattutto da quando abbiamo iniziato a sviluppare una maggiore sensibilità etica, se la lana è vegana e cruelty free?
Molti pensano ingenuamente che la lana sia un prodotto naturale e pertanto non cruento. Che naturalmente e con gioia le pecore donino la lana per gli esseri umani per tenerli al caldo e farli stare bene.
Ecco, la realtà è molto diversa poiché il più delle volte la tosatura viene praticata senza cura o rispetto per gli animali, spesso con mezzi meccanici che provocano dolore e ferite.
Si stima che in seguito alla tosatura, ogni anno muoiono più di un milione di pecore. E una volta che queste producono meno lana, vengono mandate al macello per essere sostituite con animali più giovani e produttivi.
Partiamo dal presupposto. Una pecora non nasce per essere tosata dall’uomo così come un coniglio o una capra. Il pelo nasce come naturale mezzo di adattamento all’ambiente e protezione.
Le pecore di oggi, soprattutto quelle allevate negli allevamenti intensivi, sono ricoperte da una massa di lana incredibilmente superiore alle loro naturali necessità (spesso una massa pari a metà del loro peso totale) al fine di essere trasformate in prolifiche produttrici di lana ad uso dell’industria della moda. Questa massa di lana le fa soffrire in estate a causa del caldo per venire poi tosate nel momento in cui invece ne avrebbero bisogno, cioè in inverno.
Gli allevamenti più importanti sono in Australia e Sud America e forse è questo il fatto che ci fa apparire questa realtà meno cruenta, distante e pertanto poco percepita. Per noi le pecore sono quelle dolci che spuntano qua e là sui pascoli di montagna insieme alle mucche o che vediamo in qualche fattoria didattica dove portiamo in visita i nostri bambini. La lana per noi è quel materiale caldo, morbido, che ci fa stare bene.
Chi di noi, infatti, non ha mai avuto o acquistato per qualcuno un maglione di lana merinos?
In Australia, leader nelle esportazioni di questa pregiata lana merinos, la pelle delle pecore è stata resa particolarmente grinzosa a seguito di modificazioni genetiche. Vantaggio produttivo, ma sofferenza per gli animali, poiché le pieghe della pelle diventano luogo ideale per le larve.
Per evitare questa conseguenza, gli allevatori, non certo per pietà né tanto meno amore verso le loro pecore, attuano una pratica eseguita senza anestesia. Si tratta del mulesing e consiste nell’asportare i lembi della carne nella zona dell’ano con cesoie di metallo. Eliminando questa parte, dopo la tosatura, la pelle si distende e scompaiono le grinze.
Prendere atto e divenire consapevoli di cosa c’è dietro la lana e del suo processo produttivo, è una domanda da porsi per aumentare o confermare la nostra sensibilità etica.
Lana, quali alternative vegane?
Le alternative alla lana sono possibili ed è possibile trovare caldo e conforto anche con capi cruelty free. Preferiamo la ciniglia o il pile, l’acrilico e il modal, la classica flanella o il tradizionale velluto.
Anche il caldo cotone e tutte le nuove fibre naturali permettono di realizzare tessuti adatti alla realizzazione di capi di abbigliamento vegani. Ricerchiamoli, diventiamo consumatori attenti e apriamoci a un nuovo modo di scegliere i nostri vestiti.

