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Zoonosi e pandemie: come eradicare il problema all’origine

La posizione di Humane Society International per la prevenzione delle zoonosi partendo dalla loro causa. Intervista a Martina Pluda, direttrice di HSI Italia

Ogni anno in tutto il mondo alleviamo e macelliamo più di 80 miliardi di animali, pesci esclusi. Per prevenire future zoonosi e pandemie, dobbiamo liberarci dalla dipendenza dalla carne. Ne parliamo con Martina Pluda, esperta di diritto degli animali.

Martina, tu sei originaria del Friuli-Venezia Giulia e ti sei laureata in Giurisprudenza e in Economia del diritto presso l’università di Salisburgo in Austria. Hai anche un Master in diritto degli animali conseguito presso l’Università di Barcellona. Quali obiettivi ti sei posta durante il tuo corso di studi?

Ho studiato giurisprudenza motivata da un forte senso di giustizia ma ben presto mi sono resa conto che non tutto ciò che è legale è anche morale. Basti pensare allo sfruttamento legalizzato degli animali allevati a fini alimentari o per la loro pelliccia, ma gli esempi sono purtroppo moltissimi.

Da qui è partita la motivazione di battermi per i diritti degli animali non-umani, specializzandomi e professionalizzando la mia figura di attivista. L’obiettivo era quello di mettere le mie competenze al servizio di questa causa e quindi di unirmi ad un’organizzazione internazionale in modo che il mio lavoro potesse contribuire a influenzare le persone, i legislatori e le aziende e fare la differenza per migliaia, milioni di animali.

Hai lavorato per molti anni come giornalista freelance e recentemente hai pubblicato il libro “Animal Law in the Third Reich” (Diritti degli Animali nel terzo Reich). Il titolo è davvero inquietante.

Puoi spiegarci meglio di che si tratta e che cosa c’entra il Nazionalsocialismo con i diritti degli animali?

Quando si parla di diritto animale, non si può trascurare il fatto che le leggi emanate nel Terzo Reich sono state tra le prime a regolamentare questa materia in modo strutturato e alquanto completo. Molte pratiche crudeli, ancora in parte permesse oggi, erano state vietate come la vivisezione o la macellazione senza stordimento.

Per ovvie ragioni, però, il tema della protezione degli animali nella Germania nazista è stato trascurato a causa della tragedia umana che si è verificata in questo periodo storico. L’obiettivo della mia ricerca era di capire perché i nazisti fossero preoccupati per il benessere degli animali mentre perpetravano atti spaventosi contro gli esseri umani.

Sarebbe facile liquidare la loro particolare disposizione verso gli animali come ipocrita. In realtà la questione è molto più complessa ed interessante, soprattutto dal punto di vista del suo contesto politico e sociale. Ci sono molti parallelismi tra il Romanticismo tedesco, l’ideologia nazista e le leggi emanate per la protezione della natura e degli animali. Indubbiamente, si è trattata di una strumentalizzazione propagandistica della protezione degli animali senza pari. Ma non voglio svelare troppo perché mi auguro vogliate leggere il libro!

Humane Society Italia

Dal 2020 sei direttrice di Humane Society Italia e sei un’esperta in diritto degli animali. Quali esperienze hai acquisito in passato in campo animalista e quali responsabilità ricopri ora per Humane Society International?

Ho il grande piacere di essere la prima direttrice italiana di Humane Society International, una delle più importanti organizzazioni internazionali per la protezione di tutti gli animali. Il mio compito è quello di avviare e gestire tutte le attività di HSI in Italia, dove siamo ancora una realtà piccola e c’è moltissimo da fare su tutti i fronti. Mi dedico a tutto tondo a questa causa, per me una missione, con professionalità e passione perché credo che si possa costruire un mondo più giusto e libero per tutti.

Prima di ricoprire questo ruolo ho lavorato per diversi anni a Vienna, con l’organizzazione internazionale FOUR PAWS come responsabile campagne e direttrice ad interim. Qui ho condotto diverse campagne politiche, aziendali e di sensibilizzazione di successo, che hanno permesso di migliorare la protezione legale degli animali allevati, da compagnia e selvatici, influenzare politiche e pratiche aziendali e aumentare l’offerta di opzioni a base vegetale. Sono felice di aver ottenuto diversi risultati per gli animali.

Una parte sostanziale delle mie competenze ed esperienze deriva anche dall’ambito della comunicazione. Già dall’età di 15 anni ho iniziato a lavorare come giornalista e nel 2008 sono diventata pubblicista. Per qualche anno ho anche lavorato per la televisione austriaca. Successivamente, durante il master in Spagna, ho gestito la comunicazione per la piattaforma di diritto animale derechoAnimal, approfondendo diverse tematiche.

Pandemie e zoonosi

La maggior parte delle pandemie hanno un’origine animale. Sono, cioè, delle zoonosi. In alcuni casi nascono dalla stretta convivenza tra persone e animali da allevamento e sono poi favorite dai grandi agglomerati urbani.

In un passato recente ne abbiamo conosciute diverse come l’Aviaria conosciuta sin dal 1878, la spagnola nel 1918 che falciò 50 milioni di persone, la BSE (Bovine Spongiform Encephalopathy) detta più comunemente “Mucca pazza”. E ora ahimè è il turno della SARS-CoV-2 detta anche Covid 19 (CoronaVirus Disease 19).

Martina, secondo te, quante altre pandemie dovremo attraversare prima che l’uomo riesca a capire che occorre eradicare il problema alla radice, ovvero eliminare gli allevamenti?

Mi auguro questa sia l’ultima ma non so se abbiamo imparato la lezione. Covid-19, SARS, MERS, Ebola, influenza aviaria: sono tutti campanelli d’allarme per l’umanità, per rivalutare il nostro rapporto con gli animali.

Il 73% delle malattie infettive emergenti nell’uomo è di tipo zoonotico, ovvero ha origine negli animali. Insieme, le malattie zoonotiche causano miliardi di infezioni e milioni di morti in tutto il mondo.

La loro diffusione ha collegamenti diretti con il modo in cui NOI usiamo e abusiamo gli animali. Allevati, trafficati e rinchiusi per trarne profitto; gli animali selvatici e quelli addomesticati sono spinti ai loro limiti, mercificati e trasformati in bombe a orologeria dall’essere umano.

Credo sia urgente rivalutare la nostra relazione con gli animali e il modo in cui esercitiamo il dominio sulle risorse naturali, pregiudicando il nostro stesso futuro. Altrimenti la domanda da porsi non è SE comparirà un’altra pandemia, ma QUANDO.

Perché s’insiste tanto sul salto di virus da pipistrelli all’uomo e non tanto sulle zoonosi da animali di allevamento?

Mentre l’attuale pandemia ha spinto il mondo a riconoscere la necessità di chiudere i mercati di fauna selvatica, luoghi insalubri e probabile fonte della propagazione incontrollata del coronavirus, manca lo stesso livello di consapevolezza per allevamenti e macelli, che possono avere conseguenze ugualmente gravi per la salute umana e che sono molto più vicini a noi.

È più facile puntare il dito altrove invece che voler vedere il quadro completo e quindi riconoscere anche la propria parte di responsabilità e decidere di cambiare le proprie abitudini. Ogni anno alleviamo e macelliamo più di 80 miliardi di animali, pesci esclusi, in tutto il mondo. Ma se vogliamo prevenire future pandemie, dobbiamo liberarci da questa dipendenza dalla carne. I leader globali devono attivarsi per permettere la transizione verso un’alimentazione maggiormente vegetale.

Solo negli allevamenti intensivi si rischiano le zoonosi o possono verificarsi anche in allevamenti piccoli e controllati?

Credo che il termine “intensivo” vada inteso in modo diverso. Ovvero non tanto come il numero di animali allevati, che certamente influisce sulla loro gestione e sul rischio di zoonosi, ma piuttosto come il sistema nel quale vengono allevati. Anche dieci galline possono essere allevate in modo intensivo se stipate in gabbia, senza mai vedere la luce e circondate dalle loro feci. Sicuramente l’espansione e la concentrazione degli allevamenti gioca un ruolo importante nella diffusione delle zoonosi poiché la trasmissione di un patogeno tende ad aumentare con la densità degli ospiti.

Prendiamo come esempio i virus d’influenza aviaria: questi possono evolvere in forme più virulente dopo essersi stabiliti in grandi gruppi di animali costretti in spazi angusti. Infatti, negli anni precedenti allo scoppio dell’influenza aviaria a Hong Kong del 1997, l’industria di polli nella periferia di Hong Kong si era trasformata da una produzione casalinga in un sistema più intensivo. La concentrazione degli allevamenti è aumentata, raggiungendo quota 20 strutture per chilometro quadrato con un totale di oltre 400.000 uccelli.

Lo scoppio si è manifestato con la morte di 2.000 uccelli e una mortalità del 100%. Poi, sempre nel caso dei virus dell’influenza aviaria, questi possono trasferirsi dalle popolazioni di uccelli acquatici selvatici al pollame domestico allevato al coperto, lungo i percorsi migratori di questi animali. Perciò in questo caso grande o piccolo che sia l’allevamento, il rischio persiste.

Carne sintetica

A breve sulle nostre tavole vedremo l’arrivo della carne sintetica, oltre 30 start up nel mondo stanno portando avanti questo progetto e alcune come Mosa Meat, Memphis Meats e Future Meat Technology hanno già immesso sul mercato i primi prodotti.

Grandi magnati come Bill Gates e Richard Branson stanno investendo molti capitali per la produzione di carne coltivata in laboratorio. Le catene americane Tyson e Cargrill potrebbero immettere sui loro scaffali la “carne pulita” entro tre anni da adesso.

Come consideri la possibilità di sostituire in tutto il mondo la carne “tradizionale” da allevamento con quella prodotta in laboratorio?

Credo che la produzione della carne in laboratorio abbia un potenziale rivoluzionario per l’intero settore alimentare. Potrebbe porre fine alla macellazione di miliardi di animali e avere un effetto estremamente positivo sull’ambiente. La richiesta in costante aumento di prodotti di origine animale a basso costo ha un impatto enorme sull’ambiente, sull’utilizzo di acqua e terreni, sulla biodiversità, sulla resistenza agli antibiotici, sulla nostra salute, sulla sicurezza alimentare e sulla distribuzione delle risorse mondiali.

Penso sia necessario investire in queste tecnologie, non solo con fondi privati ma anche pubblici, poiché produrre carne a partire dalle cellule ha il potenziale di offrire gli stessi alimenti senza tutti gli aspetti dannosi che contraddistinguono la carne da animali allevati e macellati.

Sperimentazione animale

Qual è la posizione di HSI in relazione alla sperimentazione animale?

Oltre 115 milioni di animali vengono utilizzati ogni anno nei laboratori di tutto il mondo. I test sono richiesti per legge per molti dei prodotti che utilizziamo quotidianamente. Dalle fragranze agli antidolorifici, fino alle tinture per tessuti, ogni nuova sostanza chimica viene somministrata forzatamente agli animali.

Per HSI non esiste un modo “umano” per avvelenare gli animali con sostanze chimiche o infettarli con malattie mortali per testare l’efficacia di un vaccino o di un trattamento; tuttavia, ci sono metodi moderni, più efficaci, che non richiedono l’uso di animali. HSI sta lavorando in tutto il mondo, in collaborazione con aziende, autorità governative e organi intergovernativi come l’OCSE per sostituire i test sugli animali con alternative più avanzate.

I nostri sforzi sono stati determinanti in molti paesi, come in Brasile e in Corea del Sud, per vietare all’aziende di condurre sperimentazioni sugli animali se un approccio senza è disponibile. Attraverso la campagna #BeCrueltyFree, HSI sta anche aiutando a far passare diversi divieti sull’uso degli animali per i test cosmetici.

Inoltre, l’attività di pressione politica svolta da HSI ha contribuito a destinare centinaia di milioni in fondi pubblici per la ricerca biomedica ad approcci incentrati sull’uomo: una soluzione vantaggiosa per le persone e per gli animali!

La scienza moderna è stata in grado di mappare il genoma umano, sviluppare mini-cervelli umani in laboratorio e ingegnerizzare biochip multiorgano che simulano la fisiologia umana, completi delle funzioni normali come la respirazione ed il flusso sanguigno. Di fronte a queste nuove tecnologie, sempre più scienziati stanno abbandonando l’uso di test sugli animali, per affidarsi ad approcci più promettenti e rilevanti per l’uomo – HSI sta aiutando a fare da apripista.

Martina Pluda, Humane Society International Italia
allevamento volpi

Humane Society International

Che cos’è Humane Society International e com’è distribuita ad oggi in Europa e in Italia? Quali sono le campagne di maggior successo di HS e quali sono quelle in corso?

Humane Society International (HSI) è il ramo internazionale della Humane Society of the United States ed una delle più grandi organizzazioni per la protezione di tutti gli animali. Dal 1991 l’attività coordinata di HSI, in più di 50 paesi, ha avuto un impatto positivo su milioni di animali a livello globale. Dal 2020 Humane Society International è presente anche in Italia. In Europa siamo presenti anche in Belgio, Germania, Polonia e Romania.

Attraverso studi scientifici, campagne di sensibilizzazione sociale, politica ed aziendale, programmi di educazione e progetti sul campo, HSI lavora per rendere centrale il rapporto uomo-animale, salvare e proteggere cani e gatti, migliorare il benessere degli animali considerati da allevamento, salvaguardare la fauna selvatica, promuovere una ricerca senza animali ed una moda senza pellicce, incentivare la dieta a base vegetale, intervenire in caso di disastri naturali e combattere la crudeltà nei confronti degli animali in tutte le sue forme.

Le battaglie che stiamo portando avanti attualmente, in Italia e a livello mondiale, sono quelle per la chiusura degli allevamenti di cani da carne in Asia, per la dismissione dell’uso delle gabbie negli allevamenti di galline, scrofe e conigli assieme alla coalizione End the Cage Age, per vietare l’allevamento di animali da pelliccia, per fermare l’uccisone di animali selvatici, destinati a diventare trofei di caccia, e molto altro ancora.

Tutto questo è possibile solo grazie alle donazioni di generosi amanti degli animali che decidono di sostenere concretamente la nostra missione. E per questo li ringrazio di cuore!

Che iniziative ha preso o sta prendendo Humane Society per prevenire le zoonosi nel mondo e in Italia?

In risposta alla pandemia di Covid-19, HSI ha lanciato la campagna #BastaAnimaliInLockdown per chiedere un’azione decisiva volta a prevenire una nuova crisi sanitaria globale e plasmare un futuro migliore, più umano e sicuro per gli esseri umani e gli animali.

Secondo noi sono tre le misure chiave che la Commissione Europea ed i governi degli Stati Membri, incluso quello italiano, devono adottare per ridurre il rischio di malattie zoonotiche:

  • Fermare il traffico di animali selvatici vivi;
  • Mettere fine all’uso delle gabbie per gli animali d’allevamento;
  • Vietare l’allevamento ed il commercio di animali da pelliccia.

Su questi tre temi abbiamo redatto e pubblicato tre rapporti che sono stati inviati ai ministeri competenti.

Puoi parlarci dei documenti prodotti da Humane Society sulla questione delle zoonosi tra animali da pelliccia e l’uomo, in particolare di quello relativo ai visoni?

“I mercati di fauna selvatica e il Covid-19”

Questo rapporto sottolinea la letalità del commercio di animali selvatici e traccia diverse malattie infettive legate al commercio di specie selvatiche tra cui, nel 2003, la SARS che si ritiene sia stata trasmessa all’uomo dalla carne di zibetto. A livello globale e specialmente in altre parti dell’Asia, esistono ancora migliaia di mercati come quelli che hanno diffuso sia la SARS che il Covid-19, rappresentando una continua minaccia alla salute. In tali mercati molte specie di animali selvatici sono ammassate in condizioni antigieniche e frequentemente macellati sul posto, generando le circostanze ideali per la diffusione delle zoonosi.

“Allevamento, zoonosi e pandemie”

Questo rapporto identifica cinque rischi pandemici associati all’allevamento che contribuiscono a creare le condizioni ideali per lo sviluppo, la mutazione e la diffusione di agenti patogeni. Nei sistemi produttivi di tipo intensivo, migliaia di animali dello stesso genotipo vengono allevati ad un ritmo forsennato, confinati in un unico luogo per la produzione di carne, latticini e uova. Tenere gli animali d’allevamento in questo modo crea un rischio per lo sviluppo di agenti patogeni zoonotici che possono potenzialmente infettare le popolazioni umane.

“Allevamento di animali da pelliccia, il Covid-19 e il rischio di malattie zoonotiche”

Questo rapporto evidenzia il link tra gli allevamenti di animali da pelliccia e la diffusione del virus Sars-COV-2 e propone 6 misure provvisorie d’emergenza, necessarie per arginare il contagio in attesa dell’attuazione di un divieto d’allevamento definitivo.

Ad oggi, il virus è stato rilevato nel visone in centinaia di allevamenti, di almeno 9 Stati Membri come Danimarca, Paesi Bassi, Svezia, Lituania, Grecia, Spagna, Francia e anche in Italia dove sono stati abbattuti 26,000 visoni. Il SARS-CoV-2 è stato rilevato anche in diversi allevamenti negli Stati Uniti e in uno in Canada.

Gli animali da pelliccia presenti negli allevamenti soffrono di stress cronico e di scarso benessere, il che può compromettere la risposta del sistema immunitario. Il visone, in particolare, è suscettibile a malattie respiratorie e il SARS-CoV-2 si è diffuso praticamente senza freni in questa specie allevata in maniera crudele.

Il sequenziamento del genoma virale ha dimostrato che l’infezione nel visone può portare a pericolose mutazioni delle proteine spike, le quali, se trasmesse alle popolazioni umane, potrebbero potenzialmente minacciare l’efficacia dei vaccini necessari per porre fine a questa pandemia globale da coronavirus. L’allevamento di animali da pelliccia rappresenta, pertanto, un grave rischio per la salute umana e deve essere vietato.

A cura di Massimo Leopardi

copyright foto Martina Pluda: HSI / Giovanni Tesei

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