Respirare in modo corretto influisce positivamente sul nostro benessere, ma cosa fare per sbloccare il nostro respiro? Lo chiediamo a un’esperta, Alessandra Martinelli, Senior Trainer di Transformational Breath
Lo stress, la fretta, una cattiva postura, la mancanza di contatto con noi stessi ci possono portare a perdere la consapevolezza del nostro respiro e a non essere in grado di sfruttare le sue potenzialità. Nel nuovo numero di gennaio di Terra Nuova abbiamo scoperto la Transformational Breath e chiediamo oggi ad Alessandra Martinelli, senior trainer, come riuscire a sbloccare il nostro respiro.
Transformational Breath
Cosa succede da un punto di vista pratico in questi incontri, individuali o di gruppo, all’interno del metodo Transformational Breath?
La seduta di respiro vera e propria in genere si svolge coricarti su un materassino. Si respira con la bocca aperta soprattutto all’inizio e la seduta è facilitata, quindi c’è un facilitatore vicino che sostiene. Chi per la prima volta si approccia a questo metodo, in genere gli viene fatta nella prima seduta un’analisi del respiro.
È un momento dove noi guardiamo il respiro della persona che è sotto, che sta respirando e le facciamo sapere la rendiamo consapevole dove è il suo respiro, dove non c’è e se ci sono dei punti bloccati, piuttosto che no, nei muscoli del respiro.
Quindi come primo approccio e anche una scoperta, ci rendiamo conto di come respiriamo, di come abbiamo ispirato fino ad oggi e di come potremo invece respirare da oggi in poi.
Perché il respiro è l’atto più naturale. Però quanti di noi sono veramente consapevoli di quello che il nostro respiro potrebbe raccontarci? Il respiro ci dice tutto di noi…
Infatti in questa analisi del respiro c’è una metafora molto grande che viene fuori. Noi diciamo: “Facci vedere come respiri, noi ci diremo chi sei”. Perché dove il respiro va o non va, non è un caso, non sono coincidenze. Quindi magari a un certo momento della nostra vita abbiamo il respiro più nella parte alta, piuttosto nella parte bassa… questo ha certi significati.
Ad esempio, quando teniamo ad avere il respiro un po’ alto, magari un po’ bloccato, quale potrebbe essere il perché?
Quando ce l’abbiamo sopratutto nella parte alta, siamo molto concentrati nell’aiutare le persone, nell’essere nell’aiuto verso gli altri e quindi qua c’è il nostro cuore, siamo persone molto di cuore. Però manca un po’ la parte bassa, manca un po’ radicamento, quindi essere presenti sempre in ogni istante della nostra vita.
In certi momenti, soprattutto quando ci arriva una grande emozione, forse teniamo un attimino a seguire quello che ci arriva intorno. Un po’ come la foglia al vento che segue il vento e non tanto radicata.
Come sbloccare il respiro?
Quindi il primo passo pratico è imparare ad ascoltare, a conoscere il nostro respiro. E voi aiutate in questo. Un consiglio per aiutarci a capire com’è il nostro respiro, quindi imparare noi da casa a capire se è bloccato è sbloccato? Va bene o è da allenare?
In questa tecnica si respira con un’inspirazione lunga, molto profonda, quindi prendo più aria che posso, e poi mi rilasso, lascio andare, esce da sola, proprio faccio cadere l’espiro. Quindi è come se facessi un grande respiro di sollievo, cosa che non siamo tanto abituati a fare. Più noi ci ricordiamo di farlo durante l’arco della giornata, più già cambia il nostro mondo, perché entra più ossigeno.
Questo inspiro pieno di ossigeno fa sì che i nostri muscoli iniziano a muoversi come si devono muovere. Perché in realtà i muscoli del respiro li abbiamo sempre avuti allenati, ma crescendo si bloccano per un motivo per l’altro. Quindi ritornando a dare questa elettricità e portando dentro più ossigeno, loro riacquisto questo movimento elastico.
Com’è un bel respiro? Poi scuotiamo anche le braccia?
Nella seduta possiamo anche ad essere fermi. L’importante è inspirare tanto e poi mi rilasso. Non sono io che decido quanta aria esce, ma è il ritorno elastico del diaframma che fa uscire la giusta aria per me in questo momento.
Mi piace questa immagine del palloncino: quando gonfiamo un palloncino, io decido di prendere aria attraverso il mio diaframma, e poi mollo il palloncino, lui si sgonfia, e quindi mi rilasso. Assomiglia un respiro di sollievo.
Nella seduta di respiro in genere vediamo tre fasi. C’è un primo momento, c’è la musica che ci sostiene, musica un po’ veloce. Il facilitatore tocca alcuni punti del nostro corpo. Noi abbiamo una mappa che seguiamo, sono punti che assomigliano a quelli dell’agopuntura, che hanno affermazioni abbinati, e che il facilitatore esprime anche durante la seduta.
Quindi lui tocca, la persona sotto con respiro porta il respiro lì, quindi c’è una digitopressione: più respiro nella persona che va lì e li si ha lo sblocco. Questo accade in buona parte della seduta.
C’è una seconda fase dove possono emergere nemmeno stati emotivi, quindi magari mi viene un ricordo di una rabbia o di un pianto, inizio a ridere come una pazza, può capitare di tutto. In questa seconda fase il facilitatore ha compito di far respirare la persona, anche se ci sono questi stati emotivi.
Questa è la cosa magica: se noi respiriamo in quel momento, lo stato emotivo viene rilasciato e quindi non mi condiziona nel mio inconscio, anche se io non ero consapevole nella mia vita.
E la terza fase è più rilassata, il facilitatore fa un passo indietro, tocca di meno, la musica si rilassa, diventa più dolce, e si lascia respirare il cliente, in modo che lui possa ricevere anche, colui che ha bisogno di ricevere in quel momento.
Quante sedute servono per sbloccare il respiro? Qual è il periodo, un minimo necessario per ottenere già dei risultati?
Noi ne chiediamo tre minimo, perché dopo la terza seduta noi vediamo già che il respiro del cliente arriva e alla terza seduta è già cambiato. Quindi minimo sono tre per rendersi conto che io ho fatto un cambiamento nei miei muscoli del respiro.
E poi non c’è un massimo logicamente. È come andare in palestra: più il muscolo si allena e diventa autonomo nel fare movimento, quindi dopo mi diventa automatico – ecco, in quel momento io respiro così sempre.
Sbloccare il respiro, quali benefici?
Quali sono i benefici, che cosa cambia nella nostra vita quando iniziamo a respirare nel modo corretto?
Ce ne sono tantissimi: da quelli più fisici, quindi magari mi spariscono delle piccole problematiche che avevo che neanche mai avevo immaginato abbinati al respiro (torcicollo, mal di collo, mal di schiena, mal di testa), quindi magari dalle piccole dinamiche o problematiche, ma anche a quelle grandi che io chiamo anche “miracoli”. Perché se uno mettere la volontà e porta questo respiro sempre e spesso nella sua vita, il beneficio può essere massimo.
Poi penso anche per imparare a gestire ansie, preoccupazioni, attacchi di panico… Io, come psicologa, nella mia professione uso molto le tecniche del respiro. Questo veramente aiuta a creare serenità, a tranquillizzarci, a focalizzarci…
Diventa uno strumento molto facile. Basta ricordarsi che è lì, di averlo. E più noi siamo legati, più è facile usarlo nel momento più difficile. Quando arriva uno stato emotivo di questi che abbiamo elencato, in genere l’ultima cosa che ci viene in mente è di respirare.
E qui che l’allenamento aiuta.
Quando provo dolore, ad esempio, il respiro ha un beneficio esagerato con il dolore, però in quel momento mi contraggo perché ho dolore, invece dovrei rilassarmi e sbloccare il respiro.
Transformational Breath Italia, incontri
Esistono dei gruppi, delle possibilità in cui mantenere costante questo allenamento?
Come gruppi noi facciamo anche delle settimane, una settimana residenziale, facciamo sette giorni dedicati al respiro. A casa, ad esempio, una volta al mese ci sono quelli che noi chiamiamo i cerchi di respiro.
Il cerchio di respiro è per le persone che conoscono già la tecnica, quindi hanno voglia di mantenersi allenati, di essere seguiti ogni tanto, di avere una seduta facilitata. Allora vengono a cerchi di respiro una volta al mese, durano 2 ore e si respira in gruppo.
Per ora li abbiamo a Carpi in provincia di Modena, a Torino e Milano.
Sbloccare il respiro, esercizi
Speriamo che si diffondono sempre di più perché veramente è una pratica che dovrebbe rientrare nella nostra quotidianità o comunque nelle nostre abitudini. Andiamo a fare ginnastica, facciamo la corsa e quel tot tempo è dedicato anche a allenare il respiro. Però come possiamo allenarlo a casa?
Per chi non conosce la tecnica, non ha mai respirato, io gli suggerisco veramente di fare tanti respiri di sollievo, anche durante il disagio che si può avere, ad esempio, litigando con una persona avendo una discussione, un disagio che arriva, un trauma, un pianto. Ricordarsi di fare dei grandi respiri di sollievo anche in quel momento. E lì si percepisce subito la differenza di quello che accade rispetto a prima che magari non lo facevamo.
Invece per chi la conosce già, noi abbiamo questi 100 respiri guidati. Quindi è una piccola medicazione che dura 10 minuti. Uno li segue, si prende questi 5-10 minuti nel momento della giornata che preferisce, alla mattina o alla sera, e si dedica al suo respiro per questi 5-10 minuti.


Quelle pratiche per sbloccare, ad esempio, il diaframma, perché spesso il respiro non fluisce perché il diaframma è bloccato. Mi ricordo che anni fa mi avevano suggerito proprio di usare le mani e premere. C’è un esercizio che può aiutarci ad apprendere?
Mettendo le mani sulla pancia e respirare. Si dovrebbe sentire quanto la mano riesce ad entrare oppure no. Mettiamo i polpastrelli praticamente sotto le costole. Inspiriamo, quindi gonfiamo. Allora gonfiamo il diaframma. Quando inspiriamo, si dovrebbe allargare, quindi noi dovremmo sentire le nostre mani che si allargano, e quando respiriamo, si dovrebbe restringere.
Se riusciamo a sentire questo movimento, abbiamo un diaframma che è già abbastanza sbloccato. Altrimenti se si muove poco, entro poco, è un po’ più bloccato. Quindi qua necessita della digitopressione di cui parlavo prima, che insieme al respiro vanno a sbloccare, a rendere più elastico qualcosa che invece adesso forse un po’ più bloccato.
Quindi nella fase di percezione può essere utile, magari quello di posizionare le mani sulla pancia, sul petto, per capire se riusciamo a gonfiare. Perché il respiro corretto è un respiro che gonfia la pancia nel momento dell’inspiro.
E anche il petto. In teoria parte dalla pancia: il mio respiro, la mia pancia si alza, va a finire su, si alza anche il petto… e poi lascio andare. Dovrei sentire (è un movimento quasi contemporaneo) sia la mano di sopra sul petto, che quello sulla pancia che si alza.
Mi è venuta in mente un’altra immagine: quella dell’onda. Facciamo partire il respiro dalla pancia, gonfiamo come un’onda, risale su e poi sgonfiamo il palloncino…
Dopo un’ora di seduta in genere questo respiro arriva a respirare da solo. Cioè noi ci renderemo conto che non dobbiamo più pensarci cercare di fare un espiro così, ma lui va. Vi ha preso il via e lui riesce ad andare da solo, senza che noi mettiamo la testa.
Quanto tempo dedicare a casa se non siamo ancora allenati per questi primi esercizi di onda e palloncino?
5-10 minuti non di più.
Se gira la testa? Può succedere?
É normalissimo. Non siamo abituati portare tutto questo respiro. Non è nessun problema, non c’è bisogno di spaventarsi. Anche i formicolii sono normali. Se si sta dentro 10 minuti, non dovrebbero accadere queste cose.
Meglio distesi oppure seduti?
Disteso è più difficile perché puoi addormentarti, se sei da solo a casa, seduto è più semplice. Oppure anche prima di andare a letto che ci facilita il rilassamento e il sonno.
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