Con il piatto “Crostata salata di lenticchie” Paolo Baratella, uno giovane chef vegano, ha vinto il primo premio del video contest mondiale “Chef Bench 2020”
Paolo Baratella, giovane chef vegano fiorentino, con il piatto 100% vegetale “Crostata salata di lenticchie” ha vinto il primo premio del video contest mondiale “Chef Bench 2020”. Il contest è stato organizzato dalla World Association of Master Chefs (WAMC). Veggie Channel ha voluto conoscerlo da vicino e scoprire la sua storia.
Cosa significa per te questa vincita e qual è stato il segreto per essere riuscito a vincere questo premio molto ambito?
Questa vincita per me significa veramente molto in quanto. Sono stato l’unico chef vegano in gara che ha presentato a sua volta un piatto privo di prodotti di origine animale. Questo mi ha permesso di portare alto il nome della cucina vegana che si contraddistinta nonostante chef professionisti internazionali di alto livello con molta più esperienza del sottoscritto. Inoltre nuovamente mi ha permesso di confermare ulteriormente che la cucina italiana è la più popolare a livello mondiale e quindi la più apprezzata.
Più a livello personale questa vittoria ha portato dentro di me una grande soddisfazione. Perché, nonostante la mia giovane età e quindi con ancora tanta strada difronte a me e tanto da imparare, mi ha ripagato per gli sforzi e sacrifici che ho fatto in questi anni e che sto ancora facendo. E mi sta aprendo tante porte per nuove opportunità ed esperienze. Ultimo, ma non meno importante, è stata un’ulteriore conferma positiva della scelta che decisi di prendere 3 anni e mezzo fa. Ovvero quella di non consumare più prodotti di origine animale.
Dentro di me quando penso ai piatti e poi li realizzo non porto segreti o tecniche particolari. Quello che faccio e che suggerisco a tutti è di cucinare sempre seguendo il proprio istinto e fantasia utilizzando sempre quello che si ha a disposizione. E di non bloccarsi a pensare a quello che “non si ha”.
Quando pensavo al piatto da realizzare per questa sfida, l’idea era di fare qualcosa di diverso, un po più particolare rispetto al solito. La pasta frolla di lenticchie è stata l’elemento principale che mi ha permesso di differenziarmi. Però allo stesso tempo presentare un piatto non troppo complicato così da poterlo rendere accessibile a tutti.
Puoi descriverci il piatto che hai realizzato in modo da poter capire anche quali sono stati i fattori positivi che la giuria ha considerato vincenti?
Partendo dalla crostata di lenticchie, elemento che come dicevo prima mi ha permesso di differenziarmi, è stato un elemento chiave e allo stesso tempo, se vogliamo dire, è stato un elemento rischioso. Era praticamente la prima volta che la realizzavo senza il consiglio di un altro chef. E infatti la prima prova che avevo fatto non era come quella che avete potuto mirare nella foto del piatto finito.
La prima prova risultava più secca e anche meno ben presentata, quindi qui ho dovuto lavorare un po’ per ottenere il risultato che desideravo. La crostata non era priva di glutine in quanto c’era una quantità veramente minima di farina integrale insieme alla farina di riso. Quindi questa è stata un sfida in più per riuscire a far mantenere una consistenza e sapore ottimale alla pasta frolla.
Altro fattore che ha giocato a mio favore è stata la mostarda di pere (fatta con le pere del mio orto). Il suo sapore agrodolce ha permesso di richiamare alla memoria la versione dolce di una crostata. E grazie al sapore piccante, la curcuma e una piccola parte di sapidità ha reso il piatto un antipasto a tutti gli effetti molto gradevole e ben presentato. Ultimo elemento, ma non meno importate, è la tartare cruda di barbabietola che con la sua consistenza ha permesso di avere un’ulteriore consistenza diversa dall’insalata di verdure grigliate.
I complimenti ci sono stati sopratutto anche per la realizzazione professionale del video. Mi ha permesso di differenziarmi dal resto dei competitori e raggiungere il risultato molto ambito, la vincita del primo premio della competizione.
Su Veggie Channel chiediamo spesso ai nostri ospiti come si sono avvicinati alla scelta vegan. Per esempio, abbiamo una serie che si chiama “Storie di dottori diventati vegani”. Fa capire cosa avviene nella vita di un dottore (un medico o un biologo) che lo porta ad intraprendere la scelta vegana. A te vorrei rivolgere lo stesso quesito. Come è avvenuto nella tua vita l’avvicinamento della cultura e della cucina vegan? Come sei diventato chef vegano?
Ricordo che durante gli ultimi anni di scuola alberghiera in classe c’era un compagna che era vegana e un po’ tutti (purtroppo) la prendevamo in giro per la sua scelta che non comprendevamo. Però ricordo anche bene che dentro di me c’era un voce che mi diceva che la scelta di quella compagna alla fine non era così sbagliata. Eravamo noi restanti compagni ad essere offuscati da quelle che sono semplicemente abitudini imposte dalla società.
Pochi mesi dopo il mio trasferimento a Londra mi avvicinai alla cucina vegetariana (grazie ad un ex collega di cucina). Forse per puro caso o molto probabilmente per una ragione ben precisa, quasi come se dentro di me stessi cercando quel cambiamento nello stile di vita.
Ero consapevole però del fatto che la miglior scelta era quella di diventare vegano.
E in un secondo momento, 2 anni dopo, feci il salto di qualità e smisi di consumare completamente ogni alimento di origine animale. Non solo dal punto di vista alimentare fu il cambiamento. Incominciai a prestare sempre più attenzione ad altri piccoli abitudini e gesti che vanno comunque a lasciare un’impronta in questo mondo durante il mio passaggio temporaneo.
Quello che mi spinse e motivò maggiormente a scegliere questo percorso fu il fatto che, a differenza di come siamo stati abituati da secoli e sopratutto negli ultimi 50-60 anni, noi esseri umani possiamo vivere benissimo senza consumare determinati prodotti. I prodotti che causano danni a noi stessi, comportano sofferenza ingiustificata per gli animali e arrecano danno all’ambiente di notevole importanza.
Non vedevo quindi il motivo di continuare con lo stile di vita che avevo sempre avuto. Incominciai a prendere realmente cura di me stesso, perché solo così, almeno secondo me, possiamo di conseguenza trattare bene questa Terra e chi ci vive. Se non abbiamo cura di noi stessi e non ci importa del nostro benessere (fisico e mentale) penso e sono convito che sia improbabile volere realmente bene di tutto il resto.
Come mai uno chef che nel mondo della cucina tradizionale ha tutte le possibilità per costruirsi una carriera, sceglie di restringere il suo campo d’azione e lanciarsi nella cucina vegetale, diventando chef vegano? Malgrado la diffusione dello stile di vita vegan nel mondo, offre sicuramente meno sbocchi professionali di quella tradizionale.
Sicuramente lan cucina tradizione, se così vogliamo definirla, permette di avere molti sbocchi e costruirsi un’ottima carriera se disposti a fare dei sacrifici ovviamente. Premetto che la mia scelta di stile di vita vegan non è avvenuta per questioni di tendenze, moda, ma per ragioni etiche come descritto in precedenza. La mia opinione è che cimentarsi nella cucina vegana comporta un restringimento sul campo d’azione solo se si vive e pensa che la cucina tradizione sia giusta e la miglior cosa da fare.
Se usciamo un po’ dagli schemi, la cucina vegana, oggi giorno a maggior ragione vista la rapida diffusione sopratutto tra i più giovani, permette di intraprendere esperienze lavorative e di conseguenza di costruirsi una carriera, molto interessanti e di alto livello se ben ricercate. Nonostante ci siano chef vegani affermati già da diverso tempo, questa è una cucina ancora “inesplorata”. Permette quindi di sperimentare ancora tante cose nuove e di differenziarsi. Pasti vegani e chef vegani sono sempre più richiesti anche nei ranghi più alti della società.
Non è un esempio italiano però basta pensare a febbraio scorso quando per la cena della premiazione degli Oscar ad Hollywood è stato servito un pasto quasi interamente vegano. Qua in Italia, magari rispetto ad altre nazioni, siamo leggermente indietro, però ricordiamoci bene che i nostri nonni, i contadini di un tempo, prediligevano pasti vegetali e raramente c’erano in tavola prodotti animali.
Tu ti sei formato a Londra, patria della Vegan Society fondata nel 1944 da Donald Watson. Quanto c’è di anglosassone nella cucina tua vegana e quanto invece c’è di cucina mediterranea?
Il mio percorso da chef vegano è iniziato a Londra e per questo ne sono assolutamente grato. Nello mio stile di cucina direi che una piccola parte ha influenza anglosassone. Questo per il semplice motivo che, essendo Londra una megacity con influenze culturali ed eno-gastronomiche da tutto il mondo (sopratutto asiatiche ed arabe), ho fatto tesoro un po’ da tutti i piatti che ho visto realizzare ed assaggiato.
Un aspetto che vedo che nel tempo ho incorporato sempre di più nella mia cucina, proveniente dalla cucina asiatica, è quello di non cuocere eccessivamente i vegetali. E di fargli mantenere principalmente la loro consistenza originale e senza fargli “perdere” tutti i principi nutritivi durante la cottura.
La cucina mediterranea direi che sia per ovvi motivi, in termini positivi, quella che ha un’impronta più grande nel mio stile di cucina. Nonostante viviamo in un mondo super globalizzato dove abbiamo accesso a qualsiasi tipo di ingrediente, ritengo di estrema importanza non scordarsi mai le radici. Si hanno e rendere quindi omaggio a ciò che ci viene offerto dalla natura del posto ed esaltare quindi ciò che si ha a disposizione vicino. O magari ancora meglio autoprodotto, come riusciamo a fare in agriturismo insieme a mia cognata.
Quali sono ora i tuoi obiettivi a medio e a lungo termine?
Il mio obiettivo principale a medio e lungo termine è formarmi ed approfondire le mie conoscenze e competenze. Nonostante adesso le persone possano vedermi come un grande chef (che apprezzo moltissimo), posso dire con sincera umiltà ed onestà che sono ancora tante le cose che non so rispetto a quelle che so.
Sono ancora moto giovane e posso dire di aver appena intrapreso il percorso vegano. Quindi ho ancora difronte a me un’infinità di esperienze da fare e chef da conoscere da cui imparare e con cui scambiare idee e suggerimenti.


Parlando più nello specifico e nel concreto, quello a cui punto ed aspiro è di contribuire alla società, quindi aiutare altre persone ad intraprendere questo percorso stupendo. E questo vuol dire offrire corsi e consulenze per poter diffondere e condividere il mio sapere. Tra qualche anno, quando avrò più esperienza alle spalle, prenderò senza dubbio in considerazione il fatto di aprire qualcosa di mio.
Per chi si avvicina da poco alla cucina vegana, potresti dare qualche consiglio pratico per la preparazione di un menu vegano bello e buono come sai fare tu?
Il mio consiglio principale che do sempre a chi si avvicina alla cucina vegana innanzitutto è di non spaventarsi e di non pensare che da quel momento in poi i pasti saranno composti da insalata e verdure grigliate. È un pregiudizio sbagliatissimo e comune un po’ ovunque qua in Italia. Dico di non spaventarsi perché basta fermarsi un attimo, aprire la mente e pensare già ai tanti pasti vegani o vegetariani che nella tradizione eno-gastronomica italiana consumiamo.
Partendo da una semplice, ma deliziosa bruschetta al pomodoro dove, se vogliamo, possiamo aggiungerci dei funghi grigliati per dare consistenza o dei legumi come i ceci per fornirci proteine. Altro piatto può essere la parmigiana di melanzane dove basta semplicemente rimuovere il formaggio. O se proprio non se ne può fare a meno, ne compriamo o autoproduciamo uno vegetale.
Il mondo dei risotti è così vasto che possiamo sbizzarrirci con le verdure a disposizione nelle stagioni. La mantecatura a fine cottura può essere benissimo fatta con del buonissimo olio Evo o realizzando dei semplici “burri” vegetali con l’utilizzo di semi o frutta secca.
La pasta, e qui comprendo anche quella fresca, può essere benissimo realizzata senza uova con risultati eccezionali e qui non abbiamo assolutamente limiti di abbinamenti.
Possono essere realizzate creme (per dare più cremosità) semplicemente sbollentando o cuocendo al vapore vari tipi di verdure (broccoli, cavolfiore, asparagi, finocchi, ecc.).
O vari tipi di pesto senza dover per forza utilizzare un formaggio nella preparazione e non andare nel panico perché non abbiamo i classici pinoli. Possono essere sostituiti con vari elementi come le noci, mandorle, semi di girasole, di zucca, anacardi, semi di sesamo e tante altre varie opzioni.
Forse i secondi sono quelli che possono creare più difficoltà, però anche qui basta aprire la mente e pensare ai tuberi che disponiamo, come, ad esempio, il sedano-rapa, utilizzabile benissimo per arrosti. O altrimenti possono essere utilizzati i legumi o cereali abbinati a funghi e/o tuberi per la realizzazione di “polpettoni”, burger vegetali, polpette o molte altre preparazioni simili e semplici, ma gustose.
I dolci posso anche questi spaventare agli inizi, però ci sono tante preparazioni molto semplici.
Come, ad esempio, una pasta frolla dove è necessario rimuovere il burro e sostituirlo con margarina (optando per una di buona qualità). O ancora meglio utilizzare oli vegetali come quello di oliva. Mentre le uova possono essere rimpiazzate utilizzando farine come la manioca o amido di patate (che aiutano a legare il composto).
Per la farcia, ad esempio, una crema pasticciera, è sufficiente rimuovere le uova dalla ricetta tradizionale. Quello che suggerisco io è di sostituire la farina bianca con amido di mais o magari fare a metà con la farina di riso. Il risultato sarà ottimo uguale, ma molto più leggere da consumare.
L’ultimo consiglio che mi sento di dare, se proprio non si ha fantasia o perché si è un po’ pigri, è quello di comprare ricettari vegani o di sfruttare i dispositivi che tutti i giorni abbiamo in mano: il cellulare. È sufficiente aprire internet e da lì c’è un mondo da scoprire dove possiamo sbizzarrirci dalle ricette più semplici e veloce fino a quelle più complesse che richiedono più tempo.
I segreti dello chef per un piatto vegano vincente
Consigliamo: In cucina con la Dott.ssa Luciana Baroni