Approfondiamo insieme all’agronomo ed enologo Adriano Zago che cosa significa un’agricoltura biodinamica
Dopo la sua recente intervista apparsa nel numero di maggio di Terra Nuova, approfondiamo il tema dell’agricoltura biodinamica insieme all’esperto, agronomo ed enologo Adriano Zago. Cosa significa questo nuovo metodo e soprattutto quali risultati permette di ottenere?
Di cosa ti occupi?
Lavoro nell’ambito dell’agronomia, della viticoltura e dell’enologia attraverso delle posizioni professionali diverse: da consulente, da formatore e con la mia squadra di lavoro ci propone un supporto alla crescita aziendale.
Ci occupiamo di introdurre e mantenere nel migliore dei modi tutti quegli elementi tecnici, pratici, organizzativi e di visione, quando sono necessari, alle aziende per poter tenere la parola “vitalità” più alta possibile. In che ambiti? Nell’ambito del suolo, della pianta, degli animali, degli uomini che ci lavorano dentro e dell’organizzazione intera.
Tutto questo attraverso un metodo molto preciso, perché l’agricoltura biodinamica significa metodo agricolo. È un metodo fatto di tecniche, di azioni precise che si confrontano con tantissima ricerca, prove, risultati, fallimenti. Quindi in questa parte non è lontano da tutti quelli che sono altri metodi. Semplicemente che all’interno di sé ha delle peculiarità.
Se, per esempio, parliamo di terreno, di suolo, utilizziamo delle tecniche precise. Ci sono dei preparati che fanno funzionare il suolo, ci sono dei sovesci, ci sono degli apporti di sostanza organica, ci sono tutta una serie di lavorazione del suolo che proteggono e incrementano il contenuto della sostanza organica.
Cos’è la sostanza organica? È la parte viva del suolo (guarda i collegamenti con vitalità di prima). Quindi abbiamo bisogno di rendere un suolo vivo, che può essere un’accezione descrittiva generica, ma in realtà è super misurabile. Un solo vivo si misura per i contenuti di microbi, insetti, vermi, relazioni con gli essudati radicali – tante varie cose tecniche.
Diventare un’azienda biodinamica, cosa significa?
Quindi c’è un metodo concreto e preciso che tu vai a insegnare alle aziende. Da un punto di vista pratico, che cosa vuol dire – un’azienda prima non biodinamica, ora è biodinamica?
Ti faccio un esempio dell’azienda con la quale ero questa mattina. È un’azienda che da diversi anni era un’azienda biologica. Lavoro con tutto lo staff dell’azienda. Da cosa lo possiamo notare ora che l’azienda sta seguendo tutti quelli che sono i principi e le tecniche della dinamica?
È un’azienda più complessa, più biodiversità di prima, più polifunzionale. Cosa significa? Significa che all’interno dei vigneti tu troverai un terreno cambiato rispetto a 5 anni fa, più soffice, più morbido, più poroso, più scuro con maggior contenuto di sostanza organica. Questo è perché quando piove, l’acqua ha la capacità di entrare, di essere assorbita e di drenare quando è in eccesso.
L’azienda la troverai cambiata rispetto pochi anni fa perché vedrai dei sovesci: quindi biodiversità nel vigneto entomofauna utile (api) e biodiversità a livello anche visivo. Quindi vedrai tante fioriture, vedrai tanta bellezza assieme a questo. E vedremo tante radici che stanno lavorando per strutturare il terreno.
La troverai diversa rispetto a prima perché vedrai delle colture che prima non c’erano, perché abbiamo inserito dei cereali antichi con i quali l’azienda fa il pane, fa dei prodotti legati ai cereali antichi. Vedrai un oliveto con delle pecore che stanno mangiando l’erba sotto, quindi riducono l’utilizzo dei trattori, abbattono l’emissione di CO2, incrementano la sostanza organica.
Quest’azienda la troverai diversa assaggiando i prodotti. Sentirai nel vino un’aderenza ancora più forte a quelle che sono le specificità del territorio. Sentirai un vino ancora più sano, ancora più pulito, nel senso non solamente di inquinamento, ma proprio come capacità di interpretare quel singolo terreno, quella singola annata, quella singola varietà. Quindi con ancora meno fattori di interferenza, conservativi e quant’altro, rispetto a prima.
Troverai quest’azienda cambiata perché il gruppo di lavoro è cambiato. È un gruppo di lavoro che coopera molto di più, che affronta i temi in modo diverso, che si trova molto più al centro dell’azienda di quanto lo fosse prima. Perché questo è un lavoro consequenziale che io porto nelle aziende, quando lavoro con l’agricoltura dinamica (quindi sempre) perché questa tecnica impatta anche sull’uomo.
Una volta che all’interno di un’azienda ho cambiato il terreno, ho cambiato il modo di approcciare la pianta, ho cambiato il modo di immaginare l’azienda che non è più un’azienda viticola, ma diventa sempre di più quello che noi chiamiamo un organismo agricolo, è chiaro che tutto il gruppo di lavoro si trova in un’altra necessità di organizzarsi, di relazionarsi.
È una tecnica che va ad impattare sul lungo termine anche su quella che è il tipo di leadership aziendale, quindi una leadership molto più partecipativa, più orizzontale e quant’altro.
Quindi da fuori cosa vedrò? Vedrò un gruppo di lavoro che nel migliore dei casi si lavora meglio, è più felice di lavorare, è più consapevole di quello che fa, di quello che succede, è più capace di misurare i cambiamenti all’interno del vigneto e di altre colture.
Agricoltura biodinamica in Italia e nel mondo
Com’è la situazione in Italia?
È il lavoro che faccio tutti i giorni insieme al mio team. In vent’anni di attività quello che ho visto è un incremento sostanziale delle aziende. All’inizio lavoravo per piccole aziende o magari per aziende molto intenzionati anche dal punto di vista “spirituale”, quindi qualche azienda che aveva davvero una radice profonda per forza con la biodinamica.


Nel corso degli anni ho visto che questa è la tecnica applicabile anche a grandi aziende che semplicemente vogliano lavorare bene. Quindi sono moltiplicate grandi, piccole, medie aziende. Questo fa sì che anch’io personalmente stia lavorando con uno spettro molto ampio di aziende in termini di superfice, in termini di climi, in termini di collocamento geografico.
Quindi è possibile, è sempre più diffusa, siamo in tanti a lavorare così. Io sono un esempio per fortuna tra tanti a livello di colleghi e professioni.
Abbiamo visto che le pratiche e la visione dell’agricoltura biodinamica sono (e devono) essere fortemente connesse con quelle che sono la buona agronomia, la buona enologia, la buona tecnologia, la buona tecnica. E quindi è possibile integrare tutto questo per l’obiettivo di produrre del benessere misurabile come risultati economici, risultati sociali, risultati di evoluzione del terreno, risultati di qualità percepita del prodotto.
Com’è la situazione all’estero?
Dipende molto dai paesi. L’Italia ha recuperato una posizione di timidezza nei confronti dell’agricoltura biodinamica molto velocemente gli ultimi 20 anni. Ci sono tanti paesi europei che lavorano in maniera intensa come l’Italia, in particolar modo la Francia, la Svizzera, l’Austria, la Spagna. Io lavoro anche negli Stati Uniti, tutto quello che è West Coast sta funzionando molto bene. Quindi c’è un grande incremento per quanto riguarda l’agricoltura biodinamica.
Un altro paese nel quale è molto ampio l’utilizzo della bio dinamica è l’Australia, e anche la Nuova Zelanda. In Egitto c’è una grandissima oasi che si chiama Sekem dove viene utilizzata l’agricoltura biodinmica su migliaia di ettari. È una tecnica presente in tutti i continenti e sta aumentando la presenza e la diffusione in tutti i continenti.
Il fatto che ci sia questa famosa agenda 2030 con degli obiettivi più o meno green, questo sta aiutando, facilitando le cose, stimolando oppure no?
Dal mio punto di vista direi di sì, perché sta creando strumenti, sta creando anche una sorta di endorsement sociale verso la necessità di avere un qualcosa di tutto più colorato di verde. Quindi è uno strumento “colturale culturale” – l’agenda di cui parli. Chiaramente si può sempre fare meglio e non tutto è recepito e recepibile. I cambiamenti più grandi delle aziende devono venire da dentro da parte delle persone che le gestiscono.
Questi sono degli strumenti di supporto. Se io domani voglio cambiare, ho degli strumenti che mi supportano nel cambiamento, più o meno efficacemente. Prima, se volevo cambiare, dovevo farlo un po’ più da solo, con minori strumenti tecnici, tecnologici, finanziari, economici, legislativi.
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