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Animali domestici e il coronavirus SARS-CoV-2: quali rischi?

Possono gli animali domestici diffondere la malattia da SARS-CoV-2? Risponde la Dott.ssa Anna Sarni, medico veterinario

Comincerei con il dire che, ad oggi non è stato stabilito alcun ruolo per gli animali domestici nella diffusione della malattia da SARS-CoV-2. Prima di addentrarmi in quelli che sono nuovi e vecchi avvisi e raccomandazioni, desidero premettere un dato che va tenuto in mente durante tutta la lettura successiva. A fronte di oltre 3 milioni di contagi da persona a persona, ad oggi, non è stato mai documentato in nessuna parte del mondo, un contagio tra animali domestici ed esseri umani.

Tuttavia, sebbene si tratterebbe di un’evenienza tanto rara quanto occasionale, esiste la possibilità di un contagio dei nostri amici a quattro zampe. E questa richiede la messa in atto di alcune precauzioni semplici ma importanti, a tutela principalmente della loro salute.

Chiariti questi aspetti essenziali, dobbiamo dire che ci sono ancora tante cose che non sappiamo su questo virus.

I coronavirus sono virus piuttosto familiari ai veterinari. Negli esseri umani sono ben conosciuti i coronavirus “a bassa patogenicità”, che causano dei comuni raffreddori che possono, solo occasionalmente, dare origine a bronchiti e polmoniti. Quando ci prendiamo un’infezione respiratoria, circa 2-3 volte su 10 si tratta di coronavirus.

“Salti di specie”

Come ricordiamo tutti bene, coronavirus più aggressivi, come SARS e Mers, sono “saltati” sull’uomo a causa di un contatto ravvicinato con gli animali che costituivano il loro serbatoio naturale. Questi adattamenti sono noti come “salti di specie” e costituiscono un tratto distintivo di virus come i coronavirus, che sono piuttosto abili in questo genere di acrobazie.

L’aspetto di questi virus è cosa assai ben conosciuta da chiunque: piccole sfere rivestite da tantissime “punte” che prendono il nome di “spikes”. Ebbene possiamo immaginare che gli Spikes portino in cima delle “chiavi”, in gergo tecnico definite “Receptor Binding Domain”, che aprono specifiche serrature. Ogni specie ha una serratura diversa, pertanto il coronavirus deve modificare la forma della chiave. E lo fa attraverso mutazioni del suo materiale genetico.

Le mutazioni servono a cambiare la conformazione degli spikes, le nostre chiavi, fino ad “aprire” la porta delle cellule di una specie differente. Ebbene SARS-CoV 2 ha trovato la combinazione giusta per la nostra serratura, ma, come può accadere, questa chiave può rivelarsi in grado di aprire la porta di altre specie.

Gli animali domestici possono ammalarsi di Covid-19?

In Italia sono censiti ben 32 milioni di animali domestici, pertanto chiarire aspetti riguardanti la trasmissibilità “a” e “da” questi animali è chiaramente importante. Come descritto nel video, a fronte di oltre 3 milioni di casi di persone infette, sono pochissimi i casi documentati di contagio di animali da compagnia nel mondo (3 cani e 3 gatti), ai quali vanno a sommarsi alcune altre segnalazioni da confermare.

Poco dopo la registrazione di questo video, una tigre malesiana di 4 anni ha mostrato sintomi di una forma respiratoria nello zoo di New York. La tigre è poi risultata positiva al test. Ugualmente positive altre 5 tigri conviventi, fatto suggestivo di un contagio da animale ad animale. USDA ipotizza che questo felino si sia infettato tramite il contatto con un dipendente asintomatico. Il 22 aprile ci è, invece, giunta notizia di altri due gatti risultati positivi negli Stati Uniti (fonte AVMA).

Altri casi di contagio di animali domestici

Molto interessante è il caso di un gruppo di 102 gatti della provincia di Hubei, in Cina, in un’area colpita dalla pandemia. 15 di questi, prima sieronegativi, si sono positivizzati al tampone e 11 di loro anche all’esame sierologico. In questo caso, però, si tratta di uno studio non ancora pubblicato.

Altre segnalazioni non confermate da test sierologici sono arrivate dalla Francia recentemente. Ma nessuna di queste ricerche fornisce prove conclusive che, in condizioni naturali, gli animali domestici possano essere infettati e trasmettere SARS-CoV-2. Tuttavia, essendoci molti studi in corso in questo momento, dovremmo essere in grado di avere notizie più certe nel prossimo futuro.

La suscettibilità al virus è stata ricercata sperimentalmente su alcune specie di animali. Ad oggi sappiamo che, in condizioni sperimentali (che non si producono in natura), è stato possibile infettare gatti, furetti, criceti e cani. Questi ultimi in misura minore (meno suscettibili) e tendenzialmente in modo asintomatico al contrario degli altri. I primi hanno anche dimostrato, in condizioni sperimentali, di passare la malattia ai conviventi della stessa specie. Mentre i cani non sono stati in grado di farlo. Uccelli, scoiattoli, rettili, anfibi e pesci non sembrano essere, invece, suscettibili all’infezione.

Cosa sappiamo, quindi, del rischio di infezione e trasmissione negli animali domestici?

Questo virus è considerato, lo sottolineo nuovamente, un’infezione trasmessa da uomo a uomo per contatto diretto, principalmente, in misura inferiore per contatto indiretto. È, tuttavia, necessario considerare la possibilità che gli animali infettati elimino il virus tramite escreti e secreti, quindi saliva, feci e urine. Anche se, ribadisco, non è riconosciuto un loro ruolo nella diffusione della malattia, ossia non esiste una sola evidenza che i nostri amici pelosi possano infettarci.

Il rischio che i nostri animali possano, viceversa, infettarsi è in funzione di una serie di fattori che, normalmente, siamo in grado di gestire come proprietari: entità, frequenza e tempo di contatto con persone infette. Questo ci fa comprendere come sia necessario intraprendere alcune misure nel caso questo contatto si produca.

I veterinari possono fare i test per SARS-CoV-2?

È tecnicamente possibile ma, dato il basso numero di segnalazioni, da unirsi a problematiche legate all’emergenza della malattia nelle persone in questo periodo, non è né raccomandato né praticamente ottenibile in condizioni normali, su richiesta del proprietario.

Tuttavia in caso di pazienti positivi, se ci sono animali, questi saranno segnalati al servizio veterinario della ASL, dagli stessi operatori sanitari. Alla segnalazione seguirà a monitoraggio “remoto”, ossia tramite comunicazione telefonica. Nel caso compaiano sintomi, il veterinario ASL potrà decidere se sottoporre a test l’animale senza doverlo allontanare dal proprio domicilio.

Sono positivo a tampone: come devo comportarmi con il mio animale?

Si applicano le stesse norme che valgono per gli altri membri della famiglia. L’animale dev’essere allontanato dalla persona infetta e affidato alle cure di un altro membro presso lo stesso domicilio. In ultima istanza sarà affidato ad una persona esterna. Se questo non è possibile, è raccomandabile seguire alcune norme igieniche come il lavarsi bene le mani prima di dargli da mangiare, manipolarlo e minimizzare i contatti fisici il più possibile ed evitando che l’animale si addentri in luoghi dove il contagio è più probabile, come il bagno.

Devo prendermi cura dell’animale di una persona infetta, cosa devo fare?

In generale bisogna riferirsi ai servizi veterinari delle ASL che potranno disporre eventuali test. Se la persona si prenderà cura dell’animale al suo domicilio, è consigliabile gestirlo come se si trattasse di una persona. Quando ci si reca nell’ambiente dove vive, è opportuno indossare un abbigliamento facilmente lavabile. Evitare di toccare le superfici, eventualmente indossare guanti e mascherina (anche se è necessario conoscere bene le corrette modalità d’uso e di smaltimento, pena il peggiorare la situazione), lavarsi poi bene le mani per 20 secondi.

I cani che devono essere condotti all’esterno, devono essere tenuti al guinzaglio e mantenuti ad una distanza sociale dalle persone e dagli altri animali. Il tutore è tenuto a munirsi di sacchetto igienico doppio per la raccolta delle feci e guanti che andranno smaltiti rispettando le comuni norme igieniche. Stesso discorso si applica ai furetti.

Gli animali domestici di una persona ricoverata/deceduta sono rimasti soli. A chi rivolgersi?

Ci si può rivolgere ad associazioni di volontari sul territorio, in alcune regioni sono ben rappresentate. A livello nazionale è presente l’associazione LEIDAA. Sul loro sito si può trovare una lista di volontari divisi per regione. Se i proprietari sono deceduti, si può cercare aiuto all’adozione grazie ai volontari della “Associazione Svuota Canili” attraverso la loro pagina Facebook. Nel caso non si trovi nessuno, è necessario rivolgersi al canile sanitario, spiegando bene la situazione.

Devo disinfettare il mio cane quando rientro in casa?

Come spiegato nel video, il nostro animale è infinitamente meno pericoloso rispetto a qualsiasi altro essere umano vi si possa avvicinare. Un animale che vive con noi è sotto il nostro controllo. È opportuno portare il nostro cane al guinzaglio mantenendolo ad almeno un metro di distanza dai passanti, evitando che questi ci si intrattengano o lo tocchino. È opportuno, inoltre, evitare di frequentare parchi o aree affollate.

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gatti e covid-19: quali rischi?

Altra precauzione, onestamente non sempre necessaria, può essere il passare una soluzione saponosa per ripulire le zampe dell’animale al nostro rientro, in maniera simile alla buona pratica di togliersi le scarpe all’ingresso in casa e lavarsi le mani. Non dimentichiamo che il nostro animale potrebbe diventare veicolo d’infezione “passiva”, come un oggetto, qualora una persona infetta gli contaminasse il pelo, ad esempio.

Sconsiglio, in ogni caso, l’uso di disinfettanti o prodotti aggressivi da applicare sul pelo o sulle zampe degli animali domestici, che sono stati responsabili di alcuni casi di avvelenamento anche mortale.

È consigliabile far indossare la maschera al cane?

No, non è raccomandato ed espone l’animale al rischio di ossigenarsi in maniera inappropriata.

Ed il gatto?

Al momento attuale la raccomandazione è quella di tenere il gatto il più possibile in casa laddove ci siano persone positive al virus. Se il gatto, però, è abituato ad uscire, si cercherà di limitarne gli spostamenti, laddove possibile, e minimizzarne il contatto con altri animali.

Ed il furetto?

Valgono le stesse raccomandazioni previste per il cane.

Altri animali da compagnia possono essere contagiati dal virus?

Uccelli, iguana, camaleonti, pesci e serpenti si sono mostrati resistenti al SARS-CoV-2.

Quanto è probabile che gli animali in generale possano trasmettere quest’infezione?

Per rispondere a questa domanda è necessario risolvere alcune incertezze fondamentali legate all’origine del contagio. Se riusciremo ad individuare la fonte e determinare come questo coronavirus è riuscito a “entrare” nella popolazione umana, potremo comprendere meglio il ruolo potenziale di un reservoir animale nella diffusione della malattia.

Nel frattempo, come riflessione generale, andrebbe posta attenzione a tutte le nostre interazioni con gli animali, soprattutto selvatici. È opportuno sviluppare un generale principio di precauzione quando ci rechiamo in mercati dove ci siano animali vivi o morti, o in tutte le situazioni dove si produca un contatto tra le loro carni o le loro escrezioni “crude” (ivi compreso il latte), assumendo comportamenti adeguati.

Sarebbe, poi, importante approcciare questa pandemia come altre possibili future zoonosi, adottando l’approccio “One Health” quindi la collaborazione tra varie specialità: medici umani e veterinari, insieme a virologi, esperti di storia naturale, ecologisti ed altre figure professionali.

In poche parole?

La preoccupazione rispetto alla possibilità di contrarre il Covid-19 dai nostri animali domestici non trova fondamento tra le evidenze attualmente disponibili. Tuttavia un piccolo numero di casi in tutto il mondo mostra come il virus possa, occasionalmente, infettarli. Pertanto se ci si ammala, è opportuno praticare lo stesso genere di distanziamento sociale che si attua tra esseri umani. Si raccomanda, però, di evitare l’uso dei disinfettanti e delle mascherine su di loro. In caso di dubbio rivolgersi al proprio veterinario.

Dott.ssa Anna Sarni

Fonti
Rapporto ISS COVID-19 • n. 16/2020
AMVA
Fnovi
OIE (World Organization for Animal Health) Ufficio Internazionale delle Epizoozie

Edito da

Anna R. Sarni, autrice della serie “tutta la verità sul latte”, Medico Veterinario, Master in Alimentazione e Dietetica Vegetariana, studentessa in Scienze della Nutrizione Umana. Da anni ricercatrice indipendente sul rapporto tra la nutrizione e la salute, prima animale poi, negli ultimi 15 anni, umana. Autrice di articoli peer reviewed e coautrice del libro “Milk and Parkinsons’ Disease: the galactose hypothesis”, particolarmente appassionata di temi riguardanti il latte vaccino, nonché la nutrizione ed il neuroinvecchiamento. Segue da oltre 30 anni un’alimentazione a base vegetale, diventata esclusivamente vegetale negli ultimi 12 anni.

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