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Latte vaccino e bambini: quale relazione con statura, sovrappeso e anemia?

Latte vaccino aiuta i bambini a diventare più alti o più grassi? Aumenta il rischio di anemia?

Dunque è meglio non dare latte vaccino ai bambini sotto i 12 mesi per il rischio obesità e anemia, ma che accade dopo? Il latte diventa un elemento importante nella dieta del bambino? Questi rischi non ci sono più ed il latte diventa una fonte di qualcosa di prezioso? Cosa dice la letteratura scientifica?

In questa puntata parleremo ancora di bambini, stavolta dagli 1 ai 10 anni circa: che relazione c’è tra l’assunzione di latte vaccino e sviluppo del bambino? Prima di cominciare vorrei ricordare che, da un punto di vista enzimatico, siamo programmati ad un calo nella capacità di digestione del latte. Quindi allo svezzamento fisiologico, che accade a partire dal secondo anno di vita e tende a completarsi entro il settimo.

Date le sostanziali differenze tra il latte vaccino e quello umano, che vedremo meglio nel corso della prossima puntata dedicata alla specie-specificità del latte, sarebbe opportuno che il bambino, soprattutto in caso di assunzioni importanti di questo alimento, continuasse a consumare latte materno o formulato fino ai 2 anni.

Sul fronte assunzione latte vaccino e rischio adiposità da adulti gli studi danno risultati contrastanti ed incerti.

Non sembra utile, anzi potrebbe avere effetto contrario, preferire latte e latticini magri nei bambini allo scopo di prevenire l’obesità, per quanto non vi sia certezza. (Scharf RJ et al., 2013; Vanderhout SM et al., 2020; O’Sullivan TA et al., 2020) In parole povere sembra prevalere l’indicazione di preferire, nel caso si assumano, i latticini interi a quelli scremati, in questa fascia d’età.

Non c’è un legame diretto in letteratura tra consumo di latticini nei bambini e rischio di sovrappeso o obesità da adulti, tuttavia esiste una relazione tra l’eccesso di proteine animali e l’obesità. In questo quadro il latte si configura come un alimento particolarmente efficace nello stimolare le vie metaboliche che aumentano il rischio di questione. In particolare uno studio rende l’ipotesi inversa assai improbabile: i latticini non sembrano ridurre le adiposità a 3 anni se consumati in maggior quantità a 2 anni. (Huh SY, 2009)

Prima di proseguire vorrei far presente due concetti tanto importanti quanto poco conosciuti o considerati.

Il primo è la percezione che ai bambini possano essere concessi più eccessi

o, comunque, si possa chiudere, con minori conseguenze, un occhio sulle cattive abitudini come possono essere le diete ricche di alimenti raffinati, trasformati, ricchi di grassi saturi e zuccheri quando non coloranti, conservanti ed altre sostanze chimiche. Mentre noi adulti dobbiamo fare maggior attenzione in quanto, sempre più spesso, abbiamo problemi con il colesterolo, la pressione o i kg di troppo.

Questa fiducia nelle capacità di gestire le sfide ambientali senza danni, da parte dei bambini, è totalmente fuori posto. Difatti l’impatto complessivo dei fattori ambientali sulla salute decresce dalla nascita alla morte. Il massimo dell’impatto delle nostre azioni sulla salute complessiva, accade durante la vita embrionale e poi fetale, cioè durante la gravidanza. (Skogen JC, Overland S, 2012; Robinson R, 2001) L’influenza tenderà a decrescere man mano che viviamo, ma sarà sempre altissima durante la prima infanzia ed in alcune fasi, denominate “finestre”, particolari come l’adolescenza, la gravidanza, l’allattamento e altri particolari stati fisiologici e patologici.

Quando parlo di “fattori ambientali” mi riferisco a tutto quello che interagisce con il nostro organismo e che non è parte del nostro codice genetico, inteso come DNA.

In questo termine, cioè, comprendiamo la dieta (che rimane anche la maggior fonte di sostanze chimiche, da includere tra i fattori ambientali), la qualità dell’aria, dell’acqua, del cibo, i contaminanti ambientali, lo stress psico-fisico, l’attività fisica, i fattori fisici (esempio i raggi ultravioletti del sole, le temperature etc).

Sia in grembo che durante la prima infanzia avvengono processi assai importanti, primo fra tutti la “programmazione epigenetica” (Hochberg Z, 2001; Tremblay J, Hamet P, 2008; Hanson MA, 2007) ed altre programmazioni metaboliche, nonché lo stabilirsi del nostro “microbiota”, meglio noto come “flora microbica intestinale”. (Derrien M, 2019) Tutti questi fattori saranno sempre meno modificabili, durante la nostra vita, e determineranno in buona parte come ce la caveremo in termini di salute.

Non adottare un corretto stile di vita nei bambini equivale, cioè, a renderli più esposti, nel loro futuro, al rischio di perdere la salute e renderà loro più difficile mantenere una buona forma fisica. Quindi è importantissimo difendere i nostri bambini durante l’infanzia, ed uno dei fattori più importanti dei quali tener di conto è proprio la dieta.

Il secondo concetto utile riguarda il mito delle proteine, in particolare delle proteine nobili.

Le proteine sono sempre state guardate come una sorta di “nutriente magico” da cercare di accumulare nella dieta quotidiana. Ci si preoccupa della carenza di proteine mentre non ci si pone il problema del loro eccesso che, come abbiamo visto, non è auspicabile. E non solamente nell’infanzia ma, come vedremo, per motivi differenti da quelli che riguardano questa fascia d’età, anche più tardi nella vita.

Innanzitutto è venuto a mancare (ed era talmente anziano che la sua scomparsa era attesa) il mito delle “proteine nobili”, totalmente rivisitato. Il termine “Proteine nobili” esprime la completezza del pool aminoacidico contenuto nella frazione proteica di un alimento. Se trattiamo un alimento alla volta, quelli di origine animale sono più spiccatamente ricchi di questo genere di proteine. Ma se si considera un “pasto” questo concetto decade, poiché, oramai è sulla bocca di tutti, le proteine vegetali contenute in cereali e legumi, forniscono ampiamente tutti gli aminoacidi necessari per costruire tutte le proteine che ci occorrono.

Quello che cambia sensibilmente riguarda sia “la prevalenza” di determinati aminoacidi (che, come impareremo nel corso di questa serie, ha effetti importanti sul metabolismo), sia gli altri componenti di quell’alimento. Le proteine degli alimenti animali sono costantemente accompagnate da colesterolo, grassi saturi, ormoni e sono povere di sostanze protettive e prive di fibre. Ecco perché esiste la raccomandazione universale di assumere almeno il 50% delle proteine della nostra dieta da fonti vegetali.

Inoltre una cosa da sapere certamente è che non si possono immagazzinare le proteine come si fa con grassi, carboidrati, vitamine etc.

Tutte le proteine ingerite in un giorno saranno o utilizzate per costruirne altre o saranno trattate come energia. Quindi se il nostro fabbisogno è, ad esempio, 30 grammi di proteine e ne ingeriamo 100, l’eccesso proteico (70 grammi) sarà trasformato in zuccheri e grassi dal fegato (a seconda del tipo di aminoacidi) con un superlavoro che produrrà residui (ammoniaca e acidi “duri”) che devono a loro volta essere ancora trasformati e poi allontanati dal rene (urea, residui acidi).

Questo lavoro può affaticare il rene (talvolta anche il fegato) e provocare una serie di ricadute, come vedremo nella puntata dedicata al latte e la salute delle ossa, a tutte le età. Ecco che abbiamo intuito come non sia desiderabile un eccesso proteico, soprattutto se si tratta di proteine animali. (Robey IF , 2012; Abbasalizad Farhangi M, 2019; Dehghan P, 2020; Akter S, 2015)

Ma il latte vaccino può portare elementi utili alla dieta?

Sicuramente può farlo, nel caso di una dieta “povera”, intesa proprio come carente in quanto a risorse alimentari, o sbilanciata, in particolare rispetto alle fonti di calcio. Il latte contiene molti nutrienti interessanti, come calcio, fosforo, vitamina A, a parte le già menzionate proteine “nobili”, che abbiamo visto essere piuttosto un limite, almeno nella dieta moderna.

Il latte vaccino non contiene che tracce di ferro ma la quantità di calcio del latte è sicuramente attraente, ed è questo micronutriente che ha reso il latte così popolare. Ma le considerazioni da fare intorno a questo sono tantissime e le faremo quando parleremo delle ossa. In una dieta povera di calcio, il latte ed i latticini possono esserne fonti fondamentali.

Ma il calcio non è assolutamente esclusiva del latte vaccino o del regno animale, anzi.

Basti pensare al fatto che la mucca, che concentra nel latte di un anno circa 10-12 kg di calcio, lo ricava da fonti vegetali. Ottime fonti vegetali di calcio si trovano nei semi di sesamo e nella sua crema, dove la concentrazione di questo minerale è sovrapponibile ai formaggi a pasta dura. Altre fonti sono i fagioli, le crucifere come cavoli e broccoli, le foglie verdi, alcune altre verdure, le arance, le acque calciche senza dimenticare le bevande vegetali fortificate con calcio. Informazioni più dettagliate sulle fonti vegetali di calcio sono riportate qui.

SECONDA PARTE: qualche dettaglio tecnico.

C’è l’abitudine di dare latte vaccino ai bambini con l’idea che li faccia crescere in altezza. In letteratura è documentata l’accelerazione della crescita nei bambini e negli adolescenti. Ma gli studi sono molto più incerti quando si tratta di stabilire se il latte vaccino sia effettivamente in grado di generare adulti più alti. Al contrario è posizione consolidata la sovrapponibilità della crescita tra bambini onnivori e vegani, che per definizione non assumono latticini, se la dieta è bilanciata. (Melina V , 2016; Weder S, 2019; Wiley AS, 2005)

Oggi sappiamo cose interessanti sull’adipogenesi, ossia sulla “nascita” di nuove cellule grasse, che si chiamano “adipociti”. Gli adipociti sono le cellule che immagazzinano i grassi nell’organismo; più ne abbiamo e più saremo predisposti al sovrappeso ed in panne nella gestione dell’appetito prepotente.

L’IGF-1, un fattore di crescita simile all’insulina, insieme ad un target molecolare che si chiama mTORC-1, sembra, dunque, coinvolto nella genesi degli adipociti. In tal senso il latte vaccino ed i suoi derivati risultano particolarmente efficaci nell’aumentare l’attività di questo fattore di crescita e di mTORC-1. Anche perché, come vedremo, il loro contributo passa sovente inosservato o trascurato dagli adulti.

bambini e latte vaccino
crescita di bambini

Il numero di adipociti è stabilito, all’incirca, da bambini,

in particolare a partire dal secondo all’ottavo-decimo anno di età. (Boulton TJ et al., 1978; Spalding KL et al., 2008; Rodríguez A, 2015) In quest’epoca accade una crescita numerica che prende il nome di “iperplasia”. In seguito il numero degli adipociti tenderà a mantenersi costante, ad eccezione di particolari stati come il digiuno prolungato e l’aumento eccessivo di volume degli adipociti preesistenti, che conduce alla produzione di molecole che stimolano la produzione di nuovi adipociti a partire da preadipociti. (Almuraikhy S, 2016)

Si è visto che i bambini crescono, da un punto di vista adiposo, con delle fasi dove tendono ad essere più grassi ed altre meno, e queste “onde” si chiamano “Adiposity rebound”. (Kang MJ, 2019; Taylor RW, 2005) Queste fasi dove il numero di adipociti aumenta è sotto il controllo dei fattori prima menzionati.

Cosa fa aumentare questi fattori? Sicuramente c’è una predisposizione genetica, ma a noi, adesso, interessa se nella dieta ci siano elementi che possono influenzarli e la risposta è: decisamente ci sono. Ed il fattore dietetico chiave sono le proteine, particolarmente quelle animali: l’eccesso di proteine animali determina aumenti sensibili di IGF-1. (Hoppe C, 2004; Campbell TC, 2007)

Torniamo, quindi, alla raccomandazione di tenere sotto controllo l’apporto dietetico di queste proteine

e alla considerazione che, tra tutte le proteine esistenti, quelle del latte sono particolarmente efficaci nell’aumentare l’attività di IGF-1 ed mTORC1, ossia, tra le altre cose, le “vie dell’obesità”.

Degno di nota il fatto che anche l’apporto di calcio alimentare (non da integratori) è stato messo in relazione ad elevati livelli di IGF-1 (Probst-Hensch NM et al., 2003; Gunnell D et al., 2003; Norat T et al, 2007; Crowe FL et al., 2009), così come la vitamina A “preformata” da fonti alimentari. Crowe FL et al., (2009) hanno riscontrato, in uno studio prospettico multicentrico condotto su oltre 4.700 individui nell’ambito della European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC) che l’apporto di proteine da latticini era, in modo molto significativo, associato positivamente con le concentrazioni di IGF-1 e inversamente correlata alle concentrazioni di IGFBP-2.

Per ogni incremento di una SD (deviazione standard) nell’assunzione di proteine da latticini si registrava un aumento dell’IGF-1 del 2.4% (P < 0.001) e un calo di IGFBP-2 del 3.5% (P < 0.001). Sono almeno undici gli studi dove si registra un aumento di IGF-1 legato al consumo di latticini, cui vanno aggiunti i due EPIC-Oxford (Allen e all. 2000 e 2002) dove si evidenzia un livello più basso di IGF-1 nei vegani. (Holmes MD et al., 2002; Cadogan J, 1997; Giovannucci E et al., 2003; DeLellis K et al, 2004; Crowe FL et al., 2009; Probst-Hensch NM et al., 2003; Gunnell D et al., 2003; Ma J et al., 2001; Norat T et al, 2007; Morimoto LM et al., 2005; etc-altra bibliografia disponibile su richiesta)

Ma come mai chiamiamo in causa così insistentemente il latte vaccino ed i suoi derivati, quando si parla di eccesso proteico, in particolare nei bambini?

Il latte è liquido e dolce, pertanto si tende a non considerarlo un alimento “altamente proteico” qual è. I formaggi, poi, essendo latte cui è stata portata via una percentuale importante d’acqua, sono ancora più concentrati e contengono, inoltre, una quantità di sale decisamente importante.

Per capire meglio prendiamo un esempio pratico: secondo le tabelle SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana), il fabbisogno proteico di un bambino di 3 anni è di 14 grammi di proteine. I bambini in questa fascia d’età assumono spesso circa mezzo litro di latte. Il latte contiene 3.3-3.6 grammi di proteine ogni 100 ml di prodotto. Questo significa che un bambino assume, solo dal latte, una quantità di proteine superiore al suo fabbisogno proteico.

Questi bambini non dovrebbero assumere altre proteine durante il giorno, fatto non realizzabile in quanto tutti gli alimenti naturali contengono proteine. Al rischio di eccesso di proteine, con importanti dosi di latte, si aggiungono altri fattori critici come vedremo nei prossimi video, quali gli interferenti endocrini.

Passiamo al punto numero due: anemia.

Sull’effetto anemizzante del latte vaccino, invece, la letteratura è un po’ più consistente riguardo l’associazione tra il consumo consistente di latte ed il rischio anemia. Di questo abbiamo già parlato nella puntata precedente, alla quale si prega di riferirsi per i meccanismi.

Da questo punto di vista, la letteratura parla piuttosto chiaro: il latte vaccino è l’alimento più spesso accusato di causare o peggiorare l’anemia diffusa nell’età prescolare. (Paoletti G, 2014; Ziegler EE, 2011; Griebler U, 2015) Questa fascia d’età vi è predisposta a causa di uno scatto di crescita al quale l’organismo fatica a star dietro in termini di nutrienti. Pertanto in questa fase, come in quella adolescenziale, bisogna porre particolare attenzione al bilanciamento della dieta.

Uno dei micronutrienti chiave, oltre, chiaramente, al calcio, alla vitamina D, allo iodio e all’acido folico (altre carenze comuni in tutto il mondo), è proprio il ferro. La carenza di ferro, secondo l’OMS, è la carenza più diffusa al mondo.

Vi invito alla lettura della bibliografia in allegato a questo articolo per ulteriori approfondimenti e dubbi. E vi rimando alla prossima puntata dove parleremo di specie specificità del latte: cosa significa e, soprattutto, quali effetti può avere sulla nostra salute.

Grazie a chi è arrivato fino a qui, vi ricordo che se ci sono dubbi o critiche potete scrivermi all’indirizzo anna.sarni@scienzavegetariana.it. Alla prossima puntata!

Dott.ssa Anna Sarni

Riferimenti bibliografici

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Consigli per la lettura

“Milk and Parkinson’s Disease: the galactose hypothesis”, Anna Sarni, Luciana Baroni

Edito da

Anna R. Sarni, autrice della serie “tutta la verità sul latte”, Medico Veterinario, Master in Alimentazione e Dietetica Vegetariana, studentessa in Scienze della Nutrizione Umana. Da anni ricercatrice indipendente sul rapporto tra la nutrizione e la salute, prima animale poi, negli ultimi 15 anni, umana. Autrice di articoli peer reviewed e coautrice del libro “Milk and Parkinsons’ Disease: the galactose hypothesis”, particolarmente appassionata di temi riguardanti il latte vaccino, nonché la nutrizione ed il neuroinvecchiamento. Segue da oltre 30 anni un’alimentazione a base vegetale, diventata esclusivamente vegetale negli ultimi 12 anni.

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