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Latte vaccino e lattanti: importante per la crescita?

Il latte vaccino è importante per i bambini? Li fa crescere più forti? Parliamo dei lattanti e della differenza tra il latte materno e quello di mucca con la Dott.ssa Anna Sarni

Il latte vaccino è importante per i bambini? Li fa crescere più forti? Con ossa più robuste? Più sani? Non dare latte ai bambini può portare loro svantaggi di alcun genere rispetto ai loro coetanei che lo assumono?

Cari amici di Veggie Channel, grazie per essere di nuovo qui con me per questa seconda puntata sul latte vaccino. L’argomento latte e bambini, nel suo complesso, non si può esaurire in un’unica puntata. Innanzi tutto è necessario suddividere l’argomento in fasce d’età. Oggi parleremo del latte nei bambini della fascia 0-3 anni, poiché in questa fascia d’età esistono delle particolarità che non si possono trascurare.

La fascia 0-3 anni comprende una prima fascia che è, comprensibilmente, piuttosto particolare, cioè quella dei lattanti e dei bambini in svezzamento, che vanno, a loro volta, trattati separatamente. E, per parlare di loro, dobbiamo almeno accennare all’allattamento materno e alla differenza tra il latte materno e quello di mucca. Le evidenze in risposta al dubbio sull’importanza e sull’effetto del latte vaccino sulla salute e sulla crescita dei bambini, sono piuttosto chiare e lasciano poco spazio per la discussione nella fascia 0-3, soprattutto se sotto i 12 mesi.

Cominciamo dall’inizio, da quando nasciamo. Mi permetto di uscire dalla medicina e dalla biologia per sconfinare in una disciplina che non mi compete, cioè l’antropologia, perché l’argomento è assai affascinante.

Cos’ha di tanto speciale il latte? Da dove origina e perché esiste il latte?

Avete mai visto un albero di mele adattare i frutti alla persona o all’animale che li mangia? Un cespo d’insalata? Un rovo di more? Il latte è l’alimento più “su misura” del quale sia a conoscenza. La sua specializzazione è tale che non si adatta solo alla specie di appartenenza, come vedremo, ma anche alla stagione, alla dieta materna, al momento della giornata (Italianer MF et al., 2020), al momento della poppata, al genere di appartenenza (Galante L et al., 2018 en 2020; Dafaallah S et al., 2018 ) e persino ad altri fattori legati al lattante (Galante L et al., 2020) e al suo allo stato di salute.

Vi siete mai chiesti perché esiste il latte materno? Il latte ha circa 300 milioni di anni ed il fatto di produrlo ci classifica come vertebrati, difatti il termine “mammiferi” deriva proprio dal fatto che allattiamo la nostra prole, non dal fatto che la partoriamo. Ad esempio, esistono mammiferi che depongono le uova, che sono i più antichi, come l’ornitorinco e l’echidna. Poi ci sono mammiferi appena poco successivi evolutivamente, come i canguri e gli opossum, che partoriscono una prole molto prematura, più prossima ad un embrione che ad un feto sviluppato, che prosegue lo sviluppo in una sorta di marsupio naturale, per questo definiti “marsupiali”.

La loro esistenza ci suggerisce che per comprendere le origini del latte dobbiamo guardare l’uovo.

Ad un certo punto dell’evoluzione, allontanandoci dagli ambienti umidi, l’uovo, che originariamente aveva una copertura porosa, non riusciva a trattenere l’acqua. Quindi qui la strada dell’evoluzione ha escogitato, o almeno questo si pensa, due strategie differenti. Alcuni animali hanno sviluppato un uovo con il guscio impermeabile, dando origine ai progenitori dei rettili e degli uccelli. Altri hanno specializzato la cute in modo che secernesse sostanze in grado di tenerlo umido.

L’evoluzione ha poi utilizzato la porosità dell’uovo per andare oltre: la cute ha cominciato a produrre nutrienti per il piccolo dentro l’uovo, i quali erano assorbiti attraverso la membrana oppure assunti dai nati attraverso la suzione della cute, come ancora fanno alcuni vermi. Con il tempo queste secrezioni cutanee, prodotte da ghiandole della pelle specializzate – come quelle che producono il sebo dei capelli, si sono raffinate e si sono raggruppate in un’area specializzata che definiamo mammelle. Ecco che abbiamo il latte. Con il tempo il latte si è arricchito di molte sostanze, soprattutto antimicrobiche (Oftedal OT, 2013).

Il parto è un compromesso tra la sopravvivenza della madre e quella del cucciolo, per ciascuna specie è diverso.

Basti pensare ai marsupiali, partoriti da poco più che embrioni, o agli elefanti, partoriti dopo ben quasi due anni di gestazione. Le specie con le gravidanze, in proporzione, più lunghe sono di grandi dimensioni, piuttosto lente ed erbivore, con qualche eccezione. In ogni specie il cucciolo nasce più o meno sviluppato, rispetto alla taglia da adulto, allo sviluppo motorio e cerebrale.

Nel caso dei bambini, essi nascono decisamente inermi e piuttosto precocemente rispetto ad altre specie. Ad esempio, alla nascita, lo sviluppo del cervello è solo al 30% rispetto a quello di un adulto. Nelle scimmie lo sviluppo del cervello alla nascita è il 40%, se i nostri bambini dovessero nascere con lo stesso sviluppo cerebrale, la gravidanza umana durerebbe 16-18 mesi. (Sakai T et al., 2012)

Andiamo adesso al cuore della domanda di oggi: il latte è importante per i bambini, così come espresso nelle varie campagne a favore del latte?

L’importanza del latte materno è ribadita e incontrovertibile, anche se, a distanza di un ventennio dalle dichiarazioni dell’OMS, che raccomandano l’allattamento esclusivo per i primi sei mesi e il proseguimento “fino a che mamma e bambino lo desiderano”, purtroppo esistono ancora moltissime, troppe persone, tra le quali anche camici bianchi, che suggeriscono di “integrare” precocemente l’allattamento prima dei 6 mesi. O persino sospenderlo perché “poco nutriente” o, peggio, causa di “vizio o eccessivo attaccamento”.

Queste sono posizioni basate sul nulla scientifico, anzi, contrarie alle evidenze. Durante le nostre chiacchierate capirete meglio il perché il latte materno sia così prezioso ed insostituibile e vi unirete a me nell’incoraggiare le mamme ad allattare a lungo i propri bambini, in barba alle opinioni di zie e vicine di casa, quando non, persino, del pediatra, del ginecologo o del dentista. Se questo argomento ti piace, non perderti la puntata sulla specie specificità del latte.

Ma riguardo il latte vaccino?

Anche oggi la risposta sarà piuttosto laconica, perché la letteratura è piuttosto convincente e ha fatto sì che importanti istituti prendessero una posizione in merito. Sia l’associazione pediatri italiani, la SIP, che quella americana, la American Academy of Pediatrics, che l’European Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition, (ESPGHAN), come anche SINUPE – Società Italiana di Nutrizione Pediatrica, la Nutrition Foundation of Italy (associazione no profit) concordano nello sconsigliare il latte vaccino nel primo anno di età. Ed i motivi sono differenti, ma tra tutti ne ricorrono un paio in particolare: l’evidenza dell’effetto obesogeno del latte ed il suo potere anemizzante. Alcuni autori estendono, per gli stessi motivi, questa raccomandazione fino ai 2 ma anche 3 anni. Vediamone alcune.

Attenzione, non voglio demonizzare il latte. Nei vari documenti si legge come la questione sia soprattutto legata alle dosi. Personalmente, almeno sotto l’anno di età, e sulla linea delle raccomandazioni attuali rispetto alla prevenzione delle allergie, consiglierei la sola “esposizione” a piccole quantità di latte al fine di diminuire la possibilità di allergie ma di non introdurlo come alimento, a causa dei motivi già accennati che approfondirò nella seconda parte di questo video e nel prossimo.

Dunque il latte vaccino, sotto l’anno, è universalmente sconsigliato. Chi vuole resti con me per qualche dettaglio tecnico, e ci vediamo la prossima volta per parlare del latte nei bambini oltre i 3 anni.

Abbiamo visto i documenti, il latte vaccino è l’alimento più anemizzante,

noto non solamente per la scarsità del ferro contenuto, ma anche perché è in grado di sequestrare il ferro proveniente da altri alimenti o dal tratto digerente, chelarlo, o, comunque, renderlo inassorbibile. E, in ultimo ma di rilevante importanza il fatto che l’assunzione di latte vaccino determina, nel 40% dei bambini sotto i 9 mesi, microemorragie intestinali che non sembrano avere altre conseguenze ma che rappresentano un aspetto che pone dei quesiti e, comunque, causano una perdita ulteriore di ferro.

Il potere obesogeno del latte è stato legato all’elevato apporto proteico, messo in relazione a maggior rischio di sviluppare obesità e patologie correlate. (AAP, 1992)

L’aumento rapido di peso nella prima infanzia, difatti, è stato associato da importanti studi a maggior rischio di obesità. Studi recenti hanno stabilito che un’alimentazione ricca di proteine (soprattutto animali e, tra queste, in particolare quelle del latte vaccino) possono associarsi a sovrappeso e obesità. (Pimpin L et al., 2018)

I bambini allattati con formule tendono ad aumentare di peso più rapidamente rispetto ai bambini allattati al seno e questo effetto sembra ascriversi al maggior contenuto proteico. (Koletzko B et al., 2009; Putet G et al., 2016)

Dott.ssa Anna Sarni
lattante

Di recente c’è un grande interesse nello studio dell’interazione tra fattori ambientali, quindi anche la dieta, con quelli genetici in particolare durante fasi chiave della vita.

Tra questi c’è anche il livello ematico di IGF-1, che sappiamo essere maggiore in chi consuma latte e derivati. La relazione latte-IGF-1 sarà approfondita in un’altra occasione. Adesso diciamo che bambini alimentati con formule hanno maggiori livelli di IGF-1, insulina e GH rispetto ai bambini allattati al seno. (Socha P et al., 2011; Chellakooty M et al., 2006; Putet G et al., 2016) Fatto da mettersi forse in relazione a certi aminoacidi che agiscono attraverso l’insulina. (Fleddermann M et al., 2015)

Savino et al. (2005) hanno riscontrato inoltre maggiori livelli di grelina e più bassi livelli di leptina nei bambini alimentati con formule proponendo una relazione inversa tra i livelli di IGF-1 e leptina.

L’incremento del livello ematico di IGF-1, tuttavia, non sembra essere l’unico fattore in gioco. Putet G et al., 2016, nell’ambito dello studio EPOCH (Early Protein and Obesity in Childhood) hanno evidenziato – nei bambini allattati con formule a più elevato contenuto proteico (2.7g/100 kCal), rispetto a formule con un contenuto proteico inferiore (1.8g/100 kCal) – una maggior circonferenza cranica insieme a tutte le misure antropometriche in assenza – al contrario degli studi precedenti – di una differenza dei livelli di IGF-1.

In questo studio in doppio cieco le formule adoperate erano identiche, differendo soltanto nel contenuto in proteine (70% del siero e 30% caseina) e lattosio (per compensare la differenza calorica). Differenze nell’età dei partecipanti e nella composizione delle proteine del latte formulato (esempio la prevalenza della caseina) potrebbero spiegare queste discrepanze.

L’uso di dare il latte ai bambini per favorire la crescita lineare, non è esente da rischi e perplessità sulle possibili conseguenze nel lungo termine. (Wiley AS., 2012)

Bambini che assumono maggiori quantità di latte vaccino hanno mostrato di avere BMI aumentati in maniera proporzionale al consumo di questo alimento (Wiley AS., 2010; Pimpin L et al., 2018).

Uno studio prospettico ha valutato l’effetto metabolico del consumo di latte vaccino in lattanti di 8 mesi,

concludendo che l’integrazione con latte vaccino altera il tasso metabolico nei lattanti allattati al seno e che questo potrebbe essere in relazione alla “programmazione metabolica” e al potenziale futuro sviluppo di obesità. (Haisma H. et al., 2005)

L’eccesso proteico da latte bovino nelle formule per l’infanzia, rispetto al ben più modesto apporto proteico da latte di donna, è uno dei fattori di rischio riconosciuti per l’insorgenza di obesità infantile. (Koletzko B et al., 2009) Tuttavia non sono molto chiari i meccanismi alla base di questa evidenza. Un’ipotesi avanzata da Melnik B.C. (2012) è legata all’elevata concentrazione di leucina, in grado di interferire sul programma adipogenico individuale.

La leucina appare come il traduttore di segnale predominante nel latte dei mammiferi in grado di stimolare il recettore per il complesso della rapamicina (mTORC1), e giocherebbe un ruolo chiave nella stimolazione delle cellule staminali mesenchimali verso la differenziazione in adipociti e nell’induzione dell’insulino-resistenza. Sarebbe quindi l’esagerata stimolazione di questa via (mTORC1-S6-K1) la possibile spiegazione dell’esaltata adipogenesi osservata nei bambini che assumono formule a base di latte vaccino.

Il alcuni studi svolti su bambini, l’assunzione di latte vaccino ha mostrato di essere in grado di modificare l’asse IGF-1/GH e aumentare i livelli ematici di entrambi gli ormoni. (Socha P. et al, 2011; Rich-Edwards JW et al., 2007)

Parleremo in seguito di alcuni aspetti controversi del latte in relazione alla sua capacità di interferire nell’assetto ormonale di un adulto e, a maggior ragione, di un bambino, pertanto adesso farò solo cenno ad alcune problematiche specifiche del lattante, nel primo anno di età.

Altri rischi legati all’assunzione di latte vaccino nella prima infanzia

Microemorragie intestinali. Le sperimenta il 40% dei bambini sotto i 9 mesi, con l’assunzione di latte. Stando alla letteratura disponibile, questa osservazione non è accompagnata da altre conseguenze, a parte la perdita di ferro e la possibile partecipazione di questo alimento all’insorgenza dell’anemia del lattante. (Griebler U et al., 2016; Sullivan PB et al., 1993; Ziegler EE et al., 1990 e 1999; Ziegler EE 2007; Wilson JF et al., 1974; Male C et al., 2001; CNAAP, 1992; altra bibliografia a richiesta)

Aumento del rischio di disidratazione. Un altro aspetto controverso del latte vaccino, come alimento da proporre ai lattanti durante lo svezzamento, è l’importante carico di soluti. Il latte può dare ai genitori l’errata sensazione di poter migliorare l’idratazione di un lattante, in una situazione dove si prospetta il rischio della disidratazione, sortendo invece il pericoloso effetto opposto: esponendo il lattante ad un sovraccarico renale che costringe l’organismo a eliminare ancora più acqua e quindi aumentando il rischio di disidratazione. (Leung e Sauve RS et al., 2003; Ziegler EE et al., 2007)

Allergie. Il latte vaccino è forse l’alimento più allergizzante noto. L’assunzione precoce di latte espone al rischio di sensibilizzazione. Ulteriori dettagli saranno forniti nella puntata dedicata.

Caseomorfine e loro effetti. Un argomento complesso ed estremamente intrigante che conto di affrontare presto.

Nella prossima puntata parleremo del latte vaccino nella fascia 1-10 anni, anche se alcuni argomenti sono stati già accennati. Se ci sono domande o critiche, inviarle ad anna.sarni@scienzavegetariana.it

Dott.ssa Anna Sarni

Riferimenti

  • Lettura sulle teorie relative all’origine del latte a cura della BBC http://www.bbc.com/earth/story/20150725-breastfeeding-has-ancient-origins
  • AAP-AMERICAN ACADEMY OF PEDIATRICS. The Use of Whole Cow’s Milk in Infancy. Pediatrics, June 1992, VOL 89 / ISS 6
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Consigli per la lettura

“Milk and Parkinson’s Disease: the galactose hypothesis”, Anna Sarni, Luciana Baroni

Edito da

Anna R. Sarni, autrice della serie “tutta la verità sul latte”, Medico Veterinario, Master in Alimentazione e Dietetica Vegetariana, studentessa in Scienze della Nutrizione Umana. Da anni ricercatrice indipendente sul rapporto tra la nutrizione e la salute, prima animale poi, negli ultimi 15 anni, umana. Autrice di articoli peer reviewed e coautrice del libro “Milk and Parkinsons’ Disease: the galactose hypothesis”, particolarmente appassionata di temi riguardanti il latte vaccino, nonché la nutrizione ed il neuroinvecchiamento. Segue da oltre 30 anni un’alimentazione a base vegetale, diventata esclusivamente vegetale negli ultimi 12 anni.

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