Meat the Future, film sulla nascita dell’industria della carne coltivata. Intervista con la regista Liz Marshall e storia di “Memphis Meats”, start up californiana pioniere nella produzione di carne vera sintetizzata in laboratorio
La carne coltivata cambierà le sorti del mondo? Prodotta da cellule ma senza macellazione animale, cambierà il modo in cui pensiamo al cibo. Il documentario Meat the Future porta a conoscenza il grande pubblico di un prodotto da laboratorio che potrebbe porre fine agli allevamenti intensivi. Essi occupano quasi la metà della superficie terrestre del pianeta, producendo più gas serra rispetto a tutti i mezzi di trasporto messi insieme. In risposta alla prospettiva del raddoppio del consumo di carne entro il 2050, urgono soluzioni efficaci ed immediate. Ne parliamo con Liz Marshall, la regista del film che racconta la nascita di questa nuova industria.
“Meat the future” è un documentario sulla nascita dell’industria della carne basata sulla coltivazione di cellule, nota come carne coltivata, carne sintetica, carne pulita o carne da cellule coltivate. Ci sono tanti termini diversi per descrivere di cosa si tratta, ognuno si riferisce ad esso in modo leggermente diverso. Il film racconta della nascita di quest’industria in America attraverso gli occhi dei loro pionieri, scienziati, innovatori alimentari e attivisti rivoluzionari.
Abbiamo seguito la storia dal 2016 al 2019 principalmente attraverso lo sguardo di una piccola start up californiana chiamata “Memphis Meats”. È stata una mia scelta cinematografica quella di utilizzare questa compagnia e la sua storia. La storia dell’accelerazione di quest’azienda per rappresentare tutte le altre aziende nel mondo che stanno spuntando. Ci sono quasi 80 aziende ora in tutto il mondo.
Penso che “Memphis Meats” sia un microcosmo interessante perché è la prima azienda ufficiale, credo, al mondo che si è dedicata alla commercializzazione di questo prodotto.
Ovvero tutti sono in modalità di ricerca e sviluppo, il prodotto non è ancora disponibile al pubblico. È un’innovazione quella di produrre carne vera da cellule animali senza la necessità di allevare e macellare miliardi e miliardi di animali. Perché il mondo in gran parte ancora mangia carne. Quindi questa potrebbe essere un’innovazione alimentare percorribile, rivoluzionaria, che potrebbe cambiare il mondo. Per gli animali, per l’ambiente, per la salute umana, per tanti motivi. Ecco perché ho deciso di concentrarmi su questo perché tengo molto a tutti questi temi.
Qual è stata la cosa più emozionante accaduta durante le riprese? Cosa ti ha colpito di più?
Penso che quello che mi ha sorpreso di più sia stata l’accelerazione. Perché quando abbiamo iniziato le riprese nel 2016, si erano appena trasferiti nella loro prima struttura di ricerca. Era un team di persone piccolissimo. Penso che all’epoca ci fossero solo cinque persone, molto impegnate e appassionate. E tutto ovviamente con enormi rischi.
Uma Valeti, è il direttore e co-fondatore di “Memphis Meats”. Il film è incentrato proprio su di lui che dà al film un taglio molto umano. Lui è una persona davvero interessante. Il film in un certo senso traccia la sua ascesa al successo come pioniere, come direttore. La cosa più sorprendente che è successa: un anno dopo l’inizio delle riprese improvvisamente Richard Branson, Bill Gates e due delle più grandi aziende di carne del mondo, Cargill e Tyson, hanno incominciato ad investire nella sua azienda.
Questo ha lanciato il messaggio al mondo che non è solo una grande idea, ma è una grande idea il cui momento è arrivato. E che questo non è più un concetto utopico e lontano. Non è fantascienza. Sta realmente accadendo adesso. La carne coltivata potrebbe davvero arrivare nei supermercati e nei ristoranti nei prossimi anni.
Credi che questi grandi investimenti arrivati molto velocemente, siano dovuti anche all’interesse che tu come cineasta hai riposto in “Meat the Future”?
Ricordo che nel 2016 quando ho richiesto un finanziamento all’industria del documentario per questo progetto, fu molto difficile. In effetti, non lo abbiamo ottenuto. Ma nel 2017, 2018 questo argomento ha iniziato a diventare un tema discusso dal mainstream. Qualcosa di cui le persone non erano più così spaventate, al contrario s’interessavano, volevano sapere. E ora nel 2020, penso che ci sia molto più interesse per questo argomento perché le persone stanno iniziando a capire la necessità di soluzioni. E che l’industria della carne convenzionale sta fallendo su tutti i fronti.
Le persone che si occupano della difesa degli animali hanno sollevato bandiere di allerta intorno a questo tema da molto tempo. Sono persone che hanno a cuore il cambiamento climatico, la biodiversità, i nostri ecosistemi, l’acqua, l’uso del suolo, tutte queste enormi preoccupazioni ambientali. Le persone stanno iniziando a comprendere che c’è un collegamento diretto con gli allevamenti intensivi e che sono loro la causa.
È molto importante vedere che ora, a causa di una pandemia sanitaria globale, la gente fa il collegamento con le zoonosi.
La malattia zoonotica è quando i batteri, il virus vengono trasmessi dagli animali all’uomo. Ciò avviene nei wet markets (mercati umidi). Avviene negli allevamenti intensivi, dove gli animali sono stipati uno sull’altro, cosa molto antigenica.
Possiamo risalire a tutto questo attraverso la nostra storia, andando indietro all’influenza spagnola, l’influenza che ha spazzato via milioni di persone nel mondo. E anche il covid-19, il coronavirus, è una malattia zoonotica. Quindi l’idea dell’avvento di carne vera ma coltivata al di fuori di un animale da cellule animali in un’ambiente pulito e sterile è qualcosa che le persone stanno prendendo in considerazione come potenziale metodo per prevenire gli enormi rischi per la salute. È una questione morale fondamentale. Ci sono così tante ragioni per cui dovremmo considerare questa come una potenziale soluzione.
Continuo a usare la parola potenziale perché ancora non esiste. E quindi è pericoloso parlarne in termini pratici e dettagliati. Siamo ancora in fase di ricerca e sviluppo. Ma ciò che è emozionante: siamo riusciti a raccontare, tracciare e testimoniare attraverso le nostre telecamere, stando insieme a queste persone incredibili e interessanti, in tre anni e mezzo, l’evoluzione naturale della nascita di questa nuova industria.
Hai considerato anche di fare un film sulle carni vegetali e l’aumento sul mercato di questo tipo di sostituti della carne?
Questo tipo di film è già stato fatto. Ci sono altri che stanno trattando questi temi. Come “The Game Changers” che è stato realizzato contemporaneamente a “Meat the future” ma che è uscito prima. Ci sono altri film in uscita e altri già usciti su questo tema. Inoltre, come regista, è stato davvero eccitante poter avere accesso esclusivo e filmare qualcosa che non era mai stato filmato.
Abbiamo preso la decisione di dire: no, questo è il nostro obiettivo per il film. Ci siamo concentrati su questa cosa enorme e complessa. Ma per poter dire: ok, rinunciamo a trattare tutto il settore delle proteine alternative. Non ci siamo focalizzati sulle carni a base vegetale insieme a quelle a base di cellule. Sarebbe stato un campo troppo vasto. Potrebbe essere anche una serie fantastica che sicuramente mi sarebbe piaciuto realizzare.
Quindi questo non significa che consideri la carne vegetale qualcosa di non interessante.
No. No, assolutamente, innanzi tutto io sono vegana. Quindi non mangio carne che è stata per me la grande motivazione a realizzare “Meat the future”. Tengo a tutte queste questioni in termini di etica, in termini di orientamento morale.
Sono stata vegetariana per molto tempo e poi ho deciso di realizzare “The ghosts in our machine”. Puoi vedere il poster dietro di me. Questo è il mio documentario del 2013 che alcuni dei vostri spettatori potrebbero aver visto perché ha avuto molta visibilità globale e continua ad essere usato come strumento per prendere coscienza. È la storia di Jo-Anne McArthur, una fotografa per i diritti degli animali. L’abbiamo seguita nel tempo mentre fotografa animali negli allevamenti intensivi e in altri settori. Quello è stato il mio primo film sui diritti degli animali ed è allora che sono diventata vegana.
È stato allora che sono diventata vegana, facendo quel film. Quindi, dopo aver realizzato quel film, è stato davvero importante per me concentrarmi su qualcosa che fosse una soluzione. Sono un’idealista, ma sono anche pragmatica. Mi vedo da ambo le partii. Sì, per rispondere alla tua domanda: credo ovviamente nella carne vegetale come principale alternativa, come principale soluzione al problema.


Ma sono anche consapevole che il 90% del mondo mangia carne. E che le economie come l’India, la Cina, il Brasile e posti simili con grande crescita della popolazione, prevedono un aumento del consumo di carne. Secondo altre previsioni, nei paesi a più alto reddito, il consumo di carne sarà dimezzato entro il 2030 grazie alle azioni per la difesa degli animali. Quindi potremmo continuare a cercare di ridurre il consumo di carne.
Il tuo film “Meat the future” spiega che il movimento vegano non è sufficiente. Alla velocità con cui si sta diffondendo, non cambierà il mondo prima di un paio di secoli. Quindi dobbiamo adottare un’altra soluzione. Hai la sensazione che questa carne coltivata sarà sicura in futuro? Incontreremo altri problemi riguardanti, ad esempio, l’inquinamento a causa dell’arrivo di questa nuova industria sconosciuta?
Mi piace il fatto che è stato verificato attraverso la ricerca e lo sviluppo, che le emissioni di gas serra saranno fortemente ridotte. In effetti, non ci aspettiamo alcun impatto sull’ambiente. Ma per quanto riguarda le emissioni di CO2, ci sono state molte discussioni a riguardo. Ma questo settore vuole integrarsi con l’economia verde, con le energie solari eoliche, modi innovativi di utilizzare l’acqua.
Da una parte, l’economia verde e tutto il settore dell’energia verde sta emergendo in tutto il mondo e deve accelerare ed essere amplificata. Dall’altra parte, la carne coltivata, come industria emergente, deve accelerare, essere amplificata e, prima di tutto, deve essere regolamentata. Non lo è ancora.
Ma dal punto di vista ambientale, se queste due industrie lavorano insieme, allora le emissioni di CO2 e di gas serra, e tutto questo impatto negativo… Non sono un’esperta in questo, ma dagli studi che ho letto e le discussioni a cui ho assistito, si tratta di uno degli obiettivi principali di questo settore. Si cerca di produrre il minimo impatto sull’ambiente.
Mi hai chiesto sulla sicurezza di questo nuovo prodotto per la salute delle persone.
Non sono un’esperta in questo. Mi considero una regista di documentari, una piccola esperta. Anche se ho avuto il privilegio di assistere allo sviluppo di questa storia, non ho avuto accesso a tutto ciò a cui avrei voluto avere accesso. Ci sono molti aspetti che l’azienda “Memphis Meats” protegge come proprietà intellettuale, a giusto titolo.
Una delle parti eccitanti della storia che è in “Meat the future” è stata la possibilità di entrare al Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Abbiamo filmato il giorno storico in cui molte persone diverse si sono riunite a Washington DC per parlare delle loro preoccupazioni e per parlare delle loro speranze e dei loro sogni in questo settore. Per parlare di tutti i motivi urgenti per cui questa è una potenziale soluzione per le masse. Anche gli allevatori e agricoltori erano lì per parlare delle loro maggiori preoccupazioni e per respingere certe cose. Questo ha creato una tensione drammatica nel film. Ha dato la possibilità di avere voci diverse su questo argomento.
Mostra anche che le grandi agenzie di regolamentazione alimentare negli Stati Uniti, ovvero la FDA e l’USDA, stanno lavorando insieme. Vogliono che l’America si muova il più rapidamente possibile in modo che tutto ciò possa essere immesso sul mercato. Non daranno il via libera al mercato a meno che non sia passato attraverso un fitto gruppo di prove. E la ricerca alla base di tutto questo è davvero essenziale. Ma attraverso la storia di “Memphis Meats” vediamo come loro abbiano forgiato queste relazioni. La storia della regolamentazione alimentare è davvero interessante.
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