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Gli ormoni steroidi naturali nel latte vaccino ed i rischi per la salute

Il latte vaccino contiene interferenti endocrini? Siamo giunti al cuore della serie. Ci occuperemo adesso, difatti, delle questioni più controverse del latte vaccino, quelle sulle quali i pareri sono contrastanti e discussi un po’ ovunque. Il latte contiene ormoni? Fa venire il muco? Infiamma? Eccetera.

Prima di addentrarci nel vivo del tema è opportuno ricordare che siamo fatti per gestire sfide ambientali fisiche e chimiche, a tal fine siamo dotati di margini variabili di adattamento. Se questo è vero, però è altrettanto vero che si applica il principio delle dosi. Ed è per questo che serve l’informazione: ad evitare di superare le nostre capacità di fronteggiare le sfide ambientali, gestendole attraverso la conoscenza, che arriva dalla corretta informazione, l’obiettivo di questa serie. Come diceva Paracelso, “è la dose che fa il veleno”.

Cosa sono gli interferenti endocrini?

Si tratta di un tema di grande attualità, poiché siamo letteralmente circondati da queste molecole, che sono in grado di alterare l’equilibrio del nostro sistema endocrino, ossia dei nostri ormoni.

Ecco la definizione: “Un Interferente Endocrino è una sostanza esogena, o una miscela, che altera la funzionalità del Sistema Endocrino, causando effetti avversi sulla salute di un organismo, oppure della sua progenie o di una (sotto)popolazione.” (European Workshop on the Impact of Endocrine Disrupters on Human Health and Wildlife, Weybridge 2-4/12/1996)

In parole più semplici, il sistema endocrino è fatto di sostanze prodotte dal nostro stesso organismo con il fine di regolarne moltissime funzioni, le più varie. Dalle difese immunitarie alla pressione sanguigna, alla capacità di affrontare le richieste di adattamento da parte dell’ambiente, nonché la nostra riproduzione. L’interferenza endocrina sul sistema riproduttivo è il tema di questa puntata.

Il latte contiene diverse sostanze potenzialmente in grado di interferire con l’assetto metabolico ed ormonale di chi lo consuma. Difatti si tratta di un alimento evoluto insieme a noi e ad altre specie, con una funzione non solamente nutritiva. Ricordiamo, infatti, la definizione di Melnik B. (2013), che paragona il latte ad uno “starter kit” post-natale che contiene, oltre ai soliti componenti, anche le istruzioni per il loro uso. In tal senso potremmo dire che il latte è un interferente endocrino-metabolico per sua natura.

Nel latte troviamo ormoni ipofisari (prolattina e somatotropina), ormoni ipotalamici (Somatotropin Releasing Hormon, somatostatina), ormoni di origine gastrointestinale (VIP o vasoactive intestinal peptide, gastrina, sostanza P), ormoni steroidi (estrogeni, progestinici, androgeni, cortisolo), contaminanti ambientali (POPs), fattori di crescita (IGF-1), sostanze in grado di influenzare il livello di certi ormoni (IGF-1, insulina) e altre molecole bioattive (prostaglandine F2 alfa). (Malekinejad H, Rezabakhsh A, 2015)

Il latte contiene ormoni steroidi estrogeni ed androgeni.

Gli estrogeni sono definiti “ormoni femminilizzanti” o “femminili” e il testosterone (androgeno) “ormone mascolinizzante” o “mascolino”. In verità in entrambi i sessi li ritroviamo tutti e due e la nostra riproduzione, dallo sviluppo del cervello in un senso o nell’altro, allo sviluppo dei caratteri sessuali primari e secondari è regolata da un equilibrio tra i due che è diverso a seconda del genere di appartenenza.

Quelli elencati sono, tuttavia, solo alcuni degli ormoni che regolano le nostre funzioni biologiche e che sono nel latte e nei prodotti animali. Nel latte, purtroppo, ci sono anche altri interferenti endocrini che non derivano dagli ormoni naturali, ma dall’ambiente. Si tratta di sostanze che derivano dalle attività umane, dalle industrie, e si ritrovano in concentrazioni varie in tantissime cose con le quali ci interfacciamo quotidianamente. Sicuramente ne avrete sentite nominare almeno le principali, ad esempio, le diossine, i policlorobifenili (PCB) e altri con nomi più complessi. Di questi parleremo presto.

Ecco, cosa sappiamo delle conseguenze di queste sostanze contenute nel latte sulla nostra salute?

Ne sappiamo ben poco. Una delle interferenze endocrine più comuni sulla sfera riproduttiva, tuttavia, è data dalle sostanze ad azione “simil-estrogenica”. Se vogliamo semplificare grossolanamente, tantissime sostanze che contaminano il nostro ambiente ed i nostri alimenti risultano “femminilizzanti”.

Gli estrogeni sono sostanze inevitabili in un’alimentazione che comprenda latticini. Gli estrogeni ed i loro metaboliti sono infatti presenti in tutti i derivati animali. (Daxenberger A, 2001)

Come accennato sopra, il latte contiene sia ormoni naturali, che contaminanti organici che tendono ad accumularsi nel grasso e che sono in grado di alterare l’equilibrio degli ormoni sessuali in senso “pro-estrogenico”. Mi riferisco in particolare alle diossine, alle sostanze diossino-simili e ai policlorobifenili (PCB). In entrambi i casi il latte è particolarmente problematico e adesso andremo a spiegare perché.

Perché il latte vaccino contiene più ormoni naturali di altri derivati animali

Innanzi tutto stiamo parlando di sostanze che si accumulano nel grasso (Afeiche MC, 2014), ed il latte è un secreto particolarmente ricco di grasso (circa il 50% delle calorie del latte deriva da grassi). Inoltre, il latte che consumiamo normalmente, deriva da animali in gravidanza per una percentuale che va dal 70 all’80%.

Le attuali razze bovine da latte sono ben diverse dal Bos Taurus primigenius (Uro) dei nostri avi, ma anche tanto differenti dalle razze autoctone dei nostri trisavoli. E sono il frutto di importanti e ininterrotte selezioni e incroci tese ad aumentare le rese produttive.

Difatti, se una vacca non selezionata per il latte produce mediamente 4-8 lt di latte al giorno (il fabbisogno giornaliero di un vitello), una Frisona italiana ne produce mediamente 30-40, con punte, al picco di lattazione, che possono superare i 60 litri al giorno, per produzioni annuali di circa 9.000-10.000 litri. Il prezzo di questa evoluzione per la natura è però una vita produttiva molto più breve e l’estinzione (o la minaccia di estinzione) di molte razze autoctone.

Le razze allevate nell’era moderna sono, di fatto, “spinte” per la produzione alla quale sono destinate.

Questo si traduce, ad esempio, in livelli più elevati di IGF-1, in una pubertà più precoce ed in un accrescimento più rapido. Oltre che in una produzione di latte che raggiunge punte di “mostruosità” dove, i poveri animali, non riescono a sostenere il peso sia metabolico che fisico, di tali produzioni.

Una manza da latte può essere fecondata (generalmente tramite inseminazione artificiale) intorno ai 16-18 mesi – circa un anno prima di quanto avverrebbe in natura – e cominciare il ciclo produttivo, il quale dura (idealmente, nella pratica si rallenta spesso) 12 mesi, che comprendono 10 mesi di lattazione e due mesi di “asciutta”. Il ciclo comincia con la nascita del vitello e l’inizio della produzione di latte.

Entro i primi tre-quattro mesi dal parto, la vacca viene ingravidata nuovamente.

Idealmente, 60 giorni prima del parto (a 8 mesi di distanza dal primo parto) la vacca viene “mandata in asciutta”, ossia si induce l’arresto della lattazione.

Se facciamo due calcoli, notiamo immediatamente che dei 10 mesi di lattazione, almeno 7 avvengono durante la gravidanza. Durante la gravidanza gli ormoni steroidi aumentano sensibilmente e questo aumento si riflette nel latte.

In una sola tazza di latte (200-250 ml) ci sono da 5 a 10 ng di 17-β-estradiolo (Domènech A, 2011), 30 pg/ml di estrone solfato, se il latte proviene una mucca non in gravidanza, che aumentano progressivamente fino a 1.000 pg/ml in una mucca dal 220 al 240 giorno di gestazione. Le vacche “moderne”, selezionate geneticamente, sono infatti in grado di allattare anche in stadi avanzati della gestazione (Ganmaa D et al., 2001). Circa il 75% del latte che assumiamo deriva da vacche in gravidanza. (Afeiche M et al., 2013)

La vita produttiva di una vacca da latte dura circa 3 lattazioni, successivamente l’animale è avviato al macello e sostituito dalle manze giunte in età fertile. La percentuale di animali sostituiti in tale modo prende il nome di “rimonta”. Una bovina può altrimenti vivere oltre 18 anni.

Negli ultimi decenni sono aumentati in maniera rilevante i disturbi legati alla sfera riproduttiva maschile in molti paesi europei.

Son sempre più diffusi i problemi di fertilità per gli adulti, in particolare tra coloro che abitano in città. Nel contempo sono aumentati i casi di neoplasie testicolari (seminomi e non seminomi), che hanno visto un incremento annuo del 2-4% sotto i 50 anni di età in alcuni paesi occidentali.

Ultimamente si è registrato un aumento nell’incidenza di anormalità anche del sistema riproduttivo dei bambini (ipospadia e criptorchidismo) e un’anticipazione del menarca nelle bambine, come anche dei casi di ginecomastia nei giovani. Alterazioni simili si riscontrano anche nella fauna selvatica. L’ipotesi più accreditata per questo fenomeno è legata all’esposizione precoce (sin dalla vita fetale) degli individui agli xenoestrogeni (Toppari J et al. 1996).

Non sono stati riscontrati livelli rilevabili di estrogeni negli alimenti di origine vegetale.

L’estrogeno naturale estradiolo è almeno 10.000 volte più potente della maggior parte degli xeno estrogeni ambientali individuati ad oggi. E l’esposizione dietetica (da alimenti di derivazione animale) a questi ormoni naturali è una voce fondamentale nella valutazione complessiva dell’impatto degli estrogeni sulla salute umana.

Estradiolo, progesterone e testosterone presenti nel latte sono del tutto identici a quelli umani. Il 17β-estradiolo è l’estrogeno più potente, mentre i suoi metaboliti, estrone ed estrolo, sono meno attivi. Con l’assunzione di una sola tazza di latte (circa 300 ml), da parte di un bambino, si assumono sostanze ad attività estrogenica circa 4.000 volte superiore a quella dei contaminanti ambientali (Ganmaa D et al., 2001).

Ai problemi alla sfera riproduttiva in adulti e bambini, va a sommarsi ai trend di aumentata incidenza di tumori agli organi riproduttivi (seno, prostata e testicoli).

E, per quanto l’eziopatogenesi sia ancora oggetto di ricerca, ad esempio, il contributo del tessuto adiposo al pool di estrogeni circolante (vedi nota* in basso), si pensa che gli interferenti endocrini possano giocare un ruolo importante.

I bambini sono particolarmente sensibili all’estradiolo e possono rispondere, a livelli serici al di sotto della soglia di rilievo strumentale, con aumento della crescita e/o sviluppo del seno. Non è stata stabilita una soglia al di sotto della quale non si producano effetti ormonali. Variazioni dei livelli degli ormoni nella vita fetale e prepuberale possono avere effetti severi nella vita adulta. Sulla base di queste evidenze sarebbe prudente evitare l’esposizione agli xenormoni anche quando i livelli di questi interferenti negli alimenti (o da altre fonti) siano molto bassi. (Aksglaede L, 2006; Ganmaa D, Sato A; 2005; Malekinejad H, Rezabakhsh A, 2015)

bambina e latte vaccino
Il cibo industriale distrugge la società?

Malekinejad H et al;, (Olanda, 2009), hanno misurato i livelli medi di assunzione di 3 estrogeni contenuti nel latte bovino -(E1), 17alfa-estradiolo (alfaE2), 17beta-estradiolo (betaE2) ed estriolo (E3)-, attraverso le assunzioni medie di latte, stabilendo una quantità pari a circa 372 ng, definita “drammaticamente superiore a quanto fino ad allora riconosciuto”.

Abbiamo già parlato in precedenza degli interferenti endocrini nei prodotti derivati del latte e soprattutto della presenza di estrogeni naturali, come del fatto che i latticini ne rappresentino la maggior fonte: circa il 60-70% in un’alimentazione non vegetariana (Ganmaa D et al, 2001). Va da sé che queste attività biologiche siano più incidenti sulla salute maschile, in particolare nella sfera riproduttiva, in quanto si tratta di sostanze femminilizzanti e in grado di interferire nella differenziazione di genere, a tutti i livelli biologici, sin dalla vita fetale.

Alla luce delle conoscenze attuali, quindi, e anche davanti all’evidenza che il latte prodotto comunemente viene da animali tenuti in gravidanza per la maggior parte della loro vita produttiva, l’ipotesi che gli estrogeni naturali (insieme ad altri xeno-ormoni e contaminanti che si comportano come interferenti endocrini), assunti con il consumo di latte abbia un ruolo nell’insorgenza dei tumori estrogeno-dipendenti non si può trascurare (Ganmaa D, Sato A, 2005; Fucic A et al, 2012).

Il contenuto in ormoni naturali è causa principale che ha spinto i ricercatori di Harvard a togliere il latte dal “piatto sano”, facilmente reperibile in rete se si ricerca il “healthy eating plate”.

* Nota importante a latere, su questo importantissimo tema:

una delle cause di eccesso di estrogeni naturali è legata all’epidemia di obesità soprattutto tra i giovanissimi. Il grasso, in particolare il grasso viscerale, è un organo endocrino vero e proprio in grado di produrre ormoni, anche ormoni sessuali. Più che di vera produzione si tratta di una conversione di ormoni sessuali da maschili a femminili, poiché il tessuto adiposo produce un enzima, l’aromatasi, che converte gli androgeni (DHEAS, testosterone totale e androstenedione) in estrogeni.

Tanto più che in uomini obesi è stata misurata una concentrazione doppia di estrone ed estradiolo rispetto a uomini normopeso. (Schneider G et al, 1979). Questo è un problema noto nelle donne in post-menopausa. (Cleary MP, et al., 2009) Chiudo subito questa parentesi introdotta per sottolineare, nuovamente, l’importanza della prevenzione dell’obesità sin da piccolissimi.

Chiuderei con le osservazioni di Harvard, riassumibili in tre punti

  • Il latte non è fondamentale nella dieta, può diventare importante solo nelle diete povere.
  • Il latte che consumiamo è particolarmente a rischio in quanto gli animali sono stati selezionati per crescite e produzioni spinte, quindi tendono ad esprimere e ad indurre livelli superiori di ormoni anabolizzanti e IGF-1
  • Gli animali sono tenuti, innaturalmente, in gravidanza per la maggior parte della loro vita riproduttiva, e questo causa un aumento nei livelli di ormoni sessuali (estrogeni soprattutto) nel latte.

In breve, nel caso si desideri consumare latte e derivati, raccomanderei di non superare una-massimo due porzioni di latte o derivati al giorno, negli adulti (fatta eccezione per alcune categorie, come descritto nel corso della serie).

Nella prossima puntata parlerò ancora di ormoni nel latte, cercando di descriverne i rischi, per poi passare a parlare degli interferenti endocrini steroidi di derivazione ambientale. Anche in questo caso il latte è interessante particolarmente per il suo contenuto in grassi e non solo. Ed anche in questo caso esistono dei rischi per la salute soprattutto per determinate categorie, in determinate “finestre di suscettibilità”.

Grazie per l’attenzione e a presto su questo canale.

Per domande o richieste scrivetemi all’indirizzo anna.sarni@scienzavegetariana.it

Dott.ssa Anna Sarni

Bibliografia

  • Aksglaede L, Juul A, Leffers H, Skakkebaek NE, Andersson AM. The sensitivity of the child to sex steroids: possible impact of exogenous estrogens. Hum Reprod Update. 2006 Jul-Aug;12(4):341-9.
  • Afeiche M, Williams PL, Mendiola J, Gaskins AJ, Jørgensen N, Swan SH, Chavarro JE. Dairy food intake in relation to semen quality and reproductive hormone levels among physically active young men Hum Reprod. 2013 Aug; 28(8): 2265–2275.
  • Afeiche MC, Bridges ND, Williams PL, Gaskins AJ, Tanrikut C, Petrozza JC, Hauser R, Chavarro JE. Dairy intake and semen quality among men attending a fertility clinic. Fertil Steril. 2014 May; 101(5):1280-7
  • Cleary MP, Grossmann ME. Minireview: Obesity and breast cancer: the estrogen connection. Endocrinology.
    2009;150(6):2537-2542. doi:10.1210/en.2009-0070
  • Daxenberger A, Ibarreta D, Meyer HH. Possible health impact of animal oestrogens in food. Hum Reprod Update. 2001 May-Jun;7(3):340-55
  • Fucic A, Gamulin M, Ferencic Z, Katic J, Krayer von Krauss M, Bartonova A, Merlo DF. Environmental exposure to xenoestrogens and oestrogen related cancers: reproductive system, breast, lung, kidney, pancreas, and brain. Environ Health. 2012 Jun 28;11 Suppl 1:S8
  • Ganmaa D, Wang PY, Qin LQ, Hoshi K, Sato A. Is milk responsible for male reproductive disorders? Med Hypotheses. 2001 Oct;57(4):510-4
  • Ganmaa D, Sato A. The possible role of female sex hormones in milk from pregnant cows in the development of breast, ovarian and corpus uteri cancers. Med Hypotheses. 2005;65(6):1028-37
  • Malekinejad H, Scherpenisse P, Bergwerff AA. Naturally occurring estrogens in processed milk and in raw milk (from gestated cows). J Agric Food Chem. 2006 Dec 27;54(26):9785-91.
  • Malekinejad H, Rezabakhsh A. Hormones in Dairy Foods and Their Impact on Public Health – A Narrative Review Article. Iran J Public Health. 2015 Jun;44(6):742-58.
  • Melnik B, John SM, Schmitz G. Milk is not just food but most likely a genetic transfection system activating mTORC1 signaling for postnatal growth. Nutr J. 2013; 12: 103.
  • Schneider G, Kirschner MA, Berkowitz R, Ertel NH. Increased estrogen production in obese men. J Clin Endocrinol Metab. 1979 Apr;48(4):633-8. doi: 10.1210/jcem-48-4-633. PMID: 429508.
  • Toppari J, Larsen J C, Christiansen P, Giwercman A, Grandjean P, Guillette L J, Jégou Jr B, Jensen T K , Jouannet P, Keiding N, Leffers H, McLachlan J A, Meyer O, Müller J, Rajpert-De Meyts E, Scheike T, Sharpe R, Sumpter J, and Skakkebaek N E. Male reproductive health and environmental xenoestrogens. Environ Health Perspect. 1996 Aug; 104(Suppl 4): 741–803
  • Domènech A, Pich S, Arís A, Plasencia C, Bach A, Serrano A. Heat identification by 17β-estradiol and progesterone quantification in individual raw milk samples by enzyme immunoassay. Electronic Journal of Biotechnology ISSN: 0717-3458. Vol. 14 No. 4, Issue of July 15, 2011

Consigli per la lettura

“Milk and Parkinson’s Disease: the galactose hypothesis”, Anna Sarni, Luciana Baroni

Edito da

Anna R. Sarni, autrice della serie “tutta la verità sul latte”, Medico Veterinario, Master in Alimentazione e Dietetica Vegetariana, studentessa in Scienze della Nutrizione Umana. Da anni ricercatrice indipendente sul rapporto tra la nutrizione e la salute, prima animale poi, negli ultimi 15 anni, umana. Autrice di articoli peer reviewed e coautrice del libro “Milk and Parkinsons’ Disease: the galactose hypothesis”, particolarmente appassionata di temi riguardanti il latte vaccino, nonché la nutrizione ed il neuroinvecchiamento. Segue da oltre 30 anni un’alimentazione a base vegetale, diventata esclusivamente vegetale negli ultimi 12 anni.

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