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Specie specificità del latte: quali implicazioni?

La specie specificità del latte ha ricadute sulla salute di chi lo consuma?

Oggi parliamo della specie specificità del latte. “Il latte è specie specifico”. “Siamo l’unica specie che beve il latte di un’altra specie”. Verissimo ma, al di là delle questioni filosofiche, ci sono delle implicazioni in termini scientifici, quindi anche salutistiche, su questa obiezione sollevata da più parti al consumo di latte?

Questa è una domanda assai complessa ma anche assai intuitiva. Complessa perché riguarda, sostanzialmente, l’intera serie di video, alla quale rimando per i dettagli, intuitiva perché immaginiamo tutti cosa accadrebbe se radunassimo in un’ambiente una balena, un’asina, una mucca, una donna, una giraffa etc. e scambiassimo i loro cuccioli. Quei pochi che non morirebbero crescerebbero tra grandi stenti e con salute assai compromessa.

I motivi biologici ed evolutivi delle enormi differenze tra i vari tipi di latte sono legati alle diverse esigenze del cucciolo cui è destinato. Pensiamo alla crescita muscolo-scheletrica del vitello che è preponderante nel vitello allo stesso modo nel quale lo è la crescita cerebrale del bambino in quest’ultimo.

L’elevata specializzazione del latte comprende la specie specificità, che si traduce in enormi differenze nella composizione di questo alimento.

Sia in termini di nutrienti, quindi sia macro (proteine, grassi, zuccheri) che micro (minerali), che anche fattori implicati nello sviluppo del cucciolo. Tra i quali enumeriamo principalmente gli ormoni, i fattori di crescita e il materiale genetico. Per quanto si è visto che anche componenti dei nutrienti possono influenzare, ad esempio, le vie metaboliche del nascituro attraverso vie che comprendono l’epigenetica e altri target molecolari, come l’accennato mTORC-1. Per riferimenti si controllino gli articoli Latte vaccino e lattanti: importante per la crescita? e Latte vaccino e bambini: quale relazione con statura, sovrappeso e anemia?

Per dare una misura di queste differenze ecco una sintesi dei macronutrienti del latte di alcune specie. Per ogni 100 grammi di latte.

Latte di donna: 1g di proteine, 5g di lattosio, 4 g di grassi

Latte di mucca: 3.4 g di proteine, 7.4 g di lattosio, 3 g di grassi

Latte di asina: 1.5g di proteine, 7.4g di lattosio, 1.4 g di grassi

Latte di delfina: 1.1 g di proteine, 6.8 g di lattosio, 33 g di grassi

Latte di coniglia: 14g di proteine, 2.1g di lattosio, 15.3 g di grassi

Latte di cammella: 3.1 g di proteine, 4.5 g di lattosio, 4 g di grassi

Latte di Capra: 4.5 g di proteine, 4.3 g di lattosio, 4.4g di grassi

Latte di pecora: 5.9g di proteine, 3.4g di lattosio, 7.1g di grassi

Dati adattati da Shah H., 2000 e Ballard O, Morrow AL, 2013; Jennes R 1986; Aroua M, 1986; Stergiadis S, 2019; Pietrzak-Fiećko R, 2020; Zibaee S, 2015; Merlin Junior IA, 2015.

Come possiamo facilmente constatare, le differenze sono vistose già solo considerando i macronutrienti. Si va dall’1.4 grammi di grassi ogni 100 ml nell’asina ai 33 della delfina, da un grammo di proteine nella donna ai 14 grammi nella coniglia, dai 2.1 grammi di lattosio nella coniglia ai 7.4 della donna.

Differenze simili si riscontrano anche a livello di composizioni dei singoli nutrienti, ad esempio, nella ripartizione caseina-proteine del siero (che sono proteine molto diverse), e, scendendo ancora, nella diversa composizione qualitativa e quantitativa di queste.

Il latte contiene molte sostanze differenti: macronutrienti, micronutrienti, sostanze di traccia, ormoni, fattori di crescita e materiale genetico, nonché peptidi bioattivi. La composizione è molto diversa perché si adatta al singolo cucciolo ed al suo stadio di sviluppo e tutto ciò che contiene il suo latte ha un ruolo preciso.

Molte sostanze contenute nel latte, svolgono ruoli ancora da chiarire.

Di seguito sono descritte alcune delle possibili conseguenze della specializzazione del latte.

  • Composizione proteica -> rallentamento della digestione nei lattanti
  • Qualità (tipo) proteica -> CMA (APL) allergia alle proteine del latte
  • Carico di soluti->Aumentato rischio di disidratazione nei bambini
  • Ormoni ->interferenza endocrina
  • IGF-1, mTOR ->Aumentato rischio obesità nei bambini; aumentato rischio generico legato ad aumentata attività (malattie croniche e degenerative, cancro)
  • Ferro -> (deficienza) anemia
  • Oppioidi -> rallentamento del transito intestinale, effetti sul sistema nervoso centrale, dipendenza? Aumento della produzione di muco? Ossidazione del colesterolo cattivo (LDLox) con relativo aumento del rischio cardiovascolare? Trigger per il diabete mellito giovanile? SIDS? Etc
  • Neu5GC -> infiammazione cronica?
  • Composizione dei grassi -> carenza relativa di grassi insaturi e polinsaturi? Effetto negativo sul profilo lipidico degli adulti.
  • Peptidi bioattivi -> effetti sul metabolismo?
  • Materiale genetico -> ?

Ci sono elementi molto interessanti nel latte, come il Neu5GC, uno zucchero sialilato.

Ricordo la differenza nella concentrazione dei fattori di crescita cerebrale e nei gangliosidi, nettamente più rappresentati nel latte di donna. (Bode L et al., 2004)

Nel latte materno l’acido sialico è rappresentato, prevalentemente, da acido N-acetilneuroaminico (Neu5Ac). All’interno del nostro organismo l’acido sialico si concentra nel nostro sistema nervoso centrale. Il latte di donna contiene eccezionali quantità di acido sialico, le formule, invece, ne contengono livelli piuttosto bassi, non raggiungendo nemmeno il 20% del primo. (Wang B, 2012; Heine W et al., 1993)

Il Neu5Ac, precursore negli altri mammiferi del Neu5Gc – come descritto negli approfondimenti – oltretutto, è coinvolto in alcune malattie su base infiammatoria.

A differenza della maggior parte degli altri animali, l’essere umano non ha il Neu5Gc. Questo zucchero è andato perduto, ad un certo punto, durante l’evoluzione della nostra specie a causa di una mutazione dell’enzima che trasforma il Neu5Ac in Neu5Gc e che ha smesso di funzionare. (Varki A, 2001)

Approfondimenti sul Neu5Gc

Questo acido sialico “non umano”, ma presente negli altri mammiferi, ha, per noi, come unica fonte quella dietetica, non potendo essere sintetizzato dal nostro organismo. Tale sostanza viene poi incorporata nel nostro organismo ed è possibile rintracciarla con indagini specifiche.

Si è notato che certi tessuti neoplastici presentano quantità superiori alla media di questo acido sialico, anche per questo il Neu5Gc è stato ricercato come possibile attore nel legame osservato tra consumo di carne rosse (l’alimento che ne contiene di più) e certi tipi di cancro, soprattutto al seno, prostata, ovaio, polmone e neuroblastoma.

Una volta incorporato nei nostri tessuti, il Neu5Gc può, essendo riconosciuto come “estraneo”, portare alla formazione di “xeno-autoanticorpi”, ossia anticorpi che attaccano strutture cellulari “self” ma dirette contro un antigene estraneo. Sono osservate importanti variabilità nella capacità individuale di fissarlo.

Un aspetto prominente dei tumori maligni è l’aberrante espressione dei glicani della membrana cellulare, specialmente un arricchimento di certi acidi sialici che contengono antigeni. La maggior parte dei marker tumorali sialilati vedono coinvolte alterazioni nella presentazione di acidi sialici umani comuni come il Neu5Ac.

Modelli sperimentali mostrano che le infiammazioni dovute a “xenosialiti”, causate da quest’interazione antigene-anticorpo, può promuovere la progressione del tumore, aumentandone l’infiammazione e l’angiogenesi. In questo quadro, questi xeno-autoanticorpi dimostrano potenziali utilizzi per la diagnosi, la prognosi e la terapia dei carcinomi umani.

Tuttavia va specificato che il contenuto maggiore, mentre nel latte vaccino, e nei suoi derivati, è molto limitato con i suoi 2-40 μg/g contro i 231 μg/g della carne rossa. Ulteriori approfondimenti: Varki A, 2001; Spichtig V et al., 2010; Samraj AN et al., 2015; Hedlund M et al., 2008; Padler-Karavani V et al., 2011.

Facciamo un altro esempio: la ripartizione delle proteine.

Di seguito sono sintetizzate le principali differenze tra latte umano e vaccino, accompagnate da qualche nota sul significato delle singole voci.

Latte di mucca vs latte di donna:

Proteine 3.3g/L vs 0.9-1.3 g/L

Le proteine hanno lo scopo principale di far accrescere la “massa” dell’organismo. Un bovino ha una crescita media giornaliera di circa 700-900 grammi mentre un bambino di 20 grammi. Anche la composizione aminoacidica è diversa: il latte bovino è ricco in leucina, un amminoacido che stimola la sintesi proteica muscolare. È stato dimostrato che i bambini allattati con formule a base di latte vaccino presentano livelli di IGF-1 e leucina superiori a quelli allattati al seno. (Melnik et al., 2012)

Caseine 26g/L vs 2.7 g/L

La diversa concentrazione in caseine ha influenze importanti sulla digeribilità. Le caseine sono proteine ricche in aminoacidi solforati (che alzano il PRAL- Potential Renal Acidic Load).

Proteine del siero: 6.3g/L vs 67.3 g/L

Le proteine del siero di latte sono altamente digeribili e ricche di aminoacidi essenziali.

alfa-lattoglobulina: 1.2g/L vs 1.9 g/L

Trasportatricedi calcio, immunomodulatrice, anticancerogena.

beta-lattoglobulina: 3.2g/L vs 0g/L (assente)

Trasportatore di retinolo e acidi grassi. Sensibilizzante (spesso coinvolta in processi allergici)

Lattoferrina 0.1 g/L vs 0.5g/L

Antimicrobica, immunomodulatrice, trasporto di ferro, anticancerogena, antiossidante.

Dati adattati da Shah H., 2000 e Ballard O, Morrow AL, 2013

In questo schema notiamo come la proporzione caseine/proteine del siero sia inversa tra la mucca e la donna. Similmente è sensibilmente differente la composizione quali-quantitativa delle sieroproteine.

Bene, penserete voi, e quindi? Cosa comporta questo?

La frazione proteica del latte di donna è composta, per la maggior parte, da sieroproteine (60%), mentre quella del latte di mucca è composta, sostanzialmente, da caseine (80%). Questa differenza, insieme alla dimensione dei globuli di grasso diventa rilevante quando, ad esempio, diamo il latte ad un bambino molto piccolo, magari ancora allattato al seno.

Alcuni genitori preferiscono dare un biberon di latte vaccino al bebè prima della nanna perché hanno notato che, così facendo, si riducono i risvegli notturni e si prolunga il sonno. Ebbene… questo accade perché, come vedremo in un altro approfondimento sul latte in questa serie, il latte di mucca è sensibilmente meno digeribile rispetto a quello di donna.

I globuli di grasso sono più grandi ma, soprattutto, le caseine, precipitando nello stomaco, rendono difficile la digestione. Per un lattante, digerire un biberon di latte vaccino, è un grosso impegno ed in questo caso la specie-specificità si fa sentire abbastanza chiaramente.

Le caseine non precipitano con i trattamenti termici ma con l’abbassamento del pH al di sotto di 4.6 (a 20°C), e questo processo è alla base della caseificazione. Un po’ come sicuramente avrete visto accadere in qualche reportage sulla produzione di formaggi. Si mette il latte in un pentolone, si scalda e si aggiunge il caglio. Le proteine cominciano a flocculare e precipitano sul fondo formando una massa dalle sembianze di una grossa mozzarella, che sarà poi lavorata a seconda del prodotto finale desiderato.

Specie specificità del latte: cucciolo di scimmia
la mucca e il vitello

Una cosa simile accade nello stomaco del lattante.

Quella massa è formata dalle sole caseine, ed è un processo del tutto analogo a quanto accade nel recipiente del caseificio. In quel processo, come nello stomaco, le proteine del siero non precipitano e restano solubili (O’Kennedy BT,2011), permettendo una loro rapida digestione ed assorbimento. Ecco spiegato perché il lattante, dopo aver assunto il latte di sua madre, ha nuovamente fame dopo poche ore e tende a disturbare il sonno della famiglia, reclamando quello che la natura ha selezionato per una crescita ottimale del suo organismo e del suo cervello.

Un’altra considerazione da fare, che rimanda un attimo a quanto già discusso ampiamente in precedenza,

è che l’influenza delle proteine del latte vaccino sul metabolismo non vien meno con l’età, poiché nell’adulto come nel bambino, il latte vaccino tende ad aumentare i livelli di IGF-1 e l’attività di mTORC-1. Queste vie giocano ruoli assai importanti nella crescita cellulare e nel metabolismo per tutta la vita ed il loro equilibrio è fondamentale, come sarà discusso quando si parlerà del latte e di alcune condizioni croniche, nonché del cancro. Troverete la bibliografia di queste affermazioni nelle puntate dedicate.

Qualche dettaglio sulle caseine: digestione e metabolismo muscolare.

Le caseine sono proteine fosforilate, e questa caratteristica (la presenza di un gruppo fosforico carico negativamente) consente loro di legare cationi come calcio e magnesio. Sono ricche in prolina e serina e povere in aminoacidi solforati. Si tratta di “proteine lente” (definizione derivante dallo studio di Boirie, 1997) rispetto alle proteine del siero, in quanto vengono digerite più lentamente. Difatti il picco aminoacidico post-assunzione, che ha le caratteristiche di un “plateau” (aumento moderato, ma persistente degli aminoacidi nel siero), si verifica dopo 3-4 ore e perdura a lungo, anche 7 ore.

Nel caso delle sieroproteine, invece, si registra un vero e proprio “picco” aminoacidico nelle prime ore, a distanza di 5 ore, invece, i livelli degli aminoacidi sierici tornano a quelli basali. (Siqueiros-Cendón T et al., 2014) In questo risiede una delle cause della lenta digestione del latte vaccino, rispetto a quello umano, dal momento che le siero proteine sono solubili e vengono digerite rapidamente. Le caseine, come già detto, coagulano nello stomaco rallentando lo svuotamento gastrico e quindi la digestione.

Le caseine hanno anche mostrato di ridurre il catabolismo proteico organico del 34%, mentre le proteine del siero non sembrano interferire su questo aspetto. A seguito dell’assunzione di caseine, l’anabolismo proteico aumenta del 31% circa, contro il 68% dell’anabolismo proteico registrato dopo assunzione di proteine del siero. Le proteine del siero sono ricche di aminoacidi ramificati (BCAA, valina, leucina, isoleucina), aminoacidi che hanno proprietà anabolizzanti, come vedremo più avanti. (Siqueiros-Cendón T et al., 2014) L’aumento del trofismo cellulare è, però, una lama a due facce. Ma questo lo vedremo meglio in una delle prossime puntate, quando parleremo di invecchiamento e patologie ad esso connesse.

Tenendo in mente che stiamo esaminando solo una delle differenze tra latte bovino ed umano,

e tirando fuori il controverso argomento “caseine”, sovente evocate in virtù di accuse legate alla crescita tumorale e ad effetti infiammatori, che lasciamo un attimo a latere per parlarne in altre puntate, cosa possiamo notare ancora? Il latte umano contiene due tipi di caseine beta e kappa, (β e κ) e non contiene caseina alfa (α), che rappresenta la caseina predominante del latte bovino. (A. Darragh, 2011).

Ebbene la caseina alfa è molto allergenica per gli esseri umani ed è una delle cause più frequenti dell’allergia alle proteine del latte, analogamente, la β-lattoglobulina, che è assente nel latte umano e rappresenta la maggior parte delle sieroproteine del latte bovino. In questa piccola premessa abbiamo sottolineato una delle conseguenze della specie specificità del latte. Ve ne sono altre? Indubbiamente sì.

Peptidi bioattivi.

Il latte vaccino contiene anche molti peptidi in grado di espletare varie azioni biologiche. Questi peptidi, i cui precursori sono rappresentati dalle caseine e dalle proteine del siero, sono presenti nei lisati proteici e nei prodotti fermentati, a base di latte, ma possono anche essere liberati durante la digestione, ad opera di alcuni enzimi come la tripsina, la pepsina e la chimo tripsina (Hartmann R., Meisel S. 2007). Un’ulteriore via di liberazione è la proteolisi indotta da alcune piante e batteri. (Park YW, 2009)

Gli effetti fisiologici di questi peptidi, ad esempio, quelli ACE inibitori (antiipertensivi), dipendono dalla loro capacità di raggiungere intatti la destinazione (target), quindi, per gli effetti sistemici, passare la parete intestinale e raggiungere gli organi periferici. (Vermeirssen et al., 2004)

Nel latte troviamo peptidi antimicrobici, antiipertensivi, antitrombotici, immunomodulatori, insulinotropici e peptidi oppioidi. Questi ultimi, i peptidi oppioidi, li tratterò piuttosto nel dettaglio perché sono molto interessanti. Hanno effetti locali e, presumibilmente, sistemici, almeno in una fetta della popolazione. Sono definiti oppioidi in quanto interagiscono con i nostri recettori per gli oppioidi e, quindi, in grado di evocare un’azione biologica sovrapponibile a quella delle endorfine (gli ormoni che produciamo quando stiamo bene e facciamo cose che ci piacciono) e le esorfine tra le quali rientrano alcune sostanze stupefacenti e gli oppioidi dietetici, compresi quelli del latte.

Gli oppioidi del latte sono naturalmente prodotti da tutte le specie, compresa la nostra.

È probabile, afferma Jarmolowska B (2013), che queste molecole svolgano ruoli importanti sia nell’attaccamento materno-filiale (fondamentale per la sopravvivenza del cucciolo di ogni specie) che nello sviluppo gastrointestinale, mucosale e nell’induzione del sonno. Tuttavia gli oppiodi del latte vaccino che consumiamo generalmente hanno concentrazioni più elevate di queste sostanze che risultano, anche, più potenti.

Gli oppioidi del latte vaccino sono costituiti essenzialmente da lattorfine e caseomorfine. Tra queste ultime è particolarmente studiata la beta-caseomorfina 7, o BCM-7, della quale parleremo piuttosto in dettaglio poiché è, insieme alle sue sorelle minori, la BCM-4 e la BCM-5, la molecola accusata di causare rallentamento del transito intestinale, infiammazione, aumentata produzione di muco, dipendenza e altri effetti meno popolari ma non meno rilevanti, come la capacità di ossidare le LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”) e, secondo alcuni studi, di essere coinvolto nella SIDS, nel diabete mellito infantile e nella psicosi post-partum.

Per i dettagli ed i riferimenti bibliografici è necessario attendere le relative puntate ed articoli.

Per chiudere questa “carrellata” di specie specificità in grado di avere un’influenza sulla salute umana,

ricordo la differenza nella composizione dei grassi tra il latte vaccino e quello di donna. La carenza relativa di acidi grassi insaturi e polinsaturi potrebbe avere ripercussioni sullo sviluppo cerebrale, dati gli elevati fabbisogni di quest’organo durante il primo anno di vita.

Per concludere: la specie specificità del latte ha possibili ricadute sulla salute umana?

La risposta è “sì” e non è sempre una questione di dosi, anche se spesso lo è.

Grazie per l’attenzione e vi consiglio di non perdervi la prossima puntata, che sarà dedicata agli interferenti endocrini nel latte, un argomento tanto interessante quanto urgente.

Per domande o richieste scrivetemi all’indirizzo anna.sarni@scienzavegetariana.it

Dott.ssa Anna Sarni

Riferimenti bibliografici

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Consigli per la lettura

“Milk and Parkinson’s Disease: the galactose hypothesis”, Anna Sarni, Luciana Baroni

Edito da

Anna R. Sarni, autrice della serie “tutta la verità sul latte”, Medico Veterinario, Master in Alimentazione e Dietetica Vegetariana, studentessa in Scienze della Nutrizione Umana. Da anni ricercatrice indipendente sul rapporto tra la nutrizione e la salute, prima animale poi, negli ultimi 15 anni, umana. Autrice di articoli peer reviewed e coautrice del libro “Milk and Parkinsons’ Disease: the galactose hypothesis”, particolarmente appassionata di temi riguardanti il latte vaccino, nonché la nutrizione ed il neuroinvecchiamento. Segue da oltre 30 anni un’alimentazione a base vegetale, diventata esclusivamente vegetale negli ultimi 12 anni.

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