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Microbiota tra fisiologia e adattamento

Che ruolo ha il microbiota nel rapporto asse intestino-cervello? Quanto è dettato dalla genetica? E qual è il rapporto tra la salute del microbiota e l’invecchiamento? Risponde il Dott. Gianluca Rizzo Biologo Nutrizionista, Dottorato in biologia e biotecnologie cellulari

Abbiamo già fatto cenno a come il microbiota cresca e maturi durante l’arco della nostra vita. Non si tratta solamente di raggiungere il suo equilibrio stabile ma anche adattarsi alle situazioni specifiche. Un termine perfettamente calzante, spesso abusato in vari contesti, è squisitamente adeguato al microbiota: resiliente. Piccole variazioni possono alterare la sua fisiologia ma un microbiota sano è capace di tornare all’equilibrio. Questa elasticità, se stimolata troppo, può comportare una perdita dello stato originale e il raggiungimento di una condizione diversa di stabilità.

La dieta cambia gli equilibri

Un esempio caratteristico di variazione degli equilibri è il passaggio da una dieta fortemente occidentalizzata (ricca di carboidrati raffinati e alimenti carnei) a una dieta basata sui vegetali. In un primo momento, l’intestino avrà numerose difficoltà a gestire un aumentato introito di fibre e amidi resistenti. Le problematiche che ne scaturiscono non dipendono dall’apparato gastro-intestinale ma dalla capacità limitata dei microbi residenti di gestire i residui non digeriti che arrivano al colon.

Man mano che le abitudini si stabilizzano, anche il microbiota impara a degradare più sostanze vegetali e più fibre, passando da attività tipicamente putrefattive a quelle fermentative. Chi non è spinto dalla volontà al cambiamento, tende a rinunciare più velocemente e ad abbandonare ancor prima di aver raggiunto nuovi equilibri. Ad esempio, chi non tollera i legumi e si astiene dal consumarli non fa che peggiorare la loro tolleranza. In questo modo non si favorisce la selezione delle popolazioni di microorganismi in grado di fermentare efficientemente i residui vegetali; microrganismi che aiuterebbero invece a scongiurare i ben noti effetti osmotici e di produzione di aria che portano a coliche e meteorismo.

Non solo fermentazione

Se è vero che il ruolo più discusso del microbiota riguarda la degradazione e fermentazione dei residui di cibo, l’azione dei microbi intestinali va ben oltre la funzionalità primaria. Si tratta di un vero e proprio super-organo formato da cellule microbiche. Noi siamo un meta-organismo: un amalgama di Homo sapiens e microbi. I microorganismi presenti nel colon svolgono una funzione protettiva contro l’attecchimento di patogeni. La formazione di consorzi eterogenei e correlati tra loro in un’interdipendenza metabolica non permette la penetrazione di batteri e funghi nocivi.

Tale azione avviene in molteplici modi:

  • attraverso la fermentazione dei carboidrati si ha la produzione di acidi grassi a catena corta che acidificano l’ambiente rendendolo meno ospitale per batteri non abituati;
  • l’utilizzo dei residui di cibo sottrae substrati ai microbi che cercano di stanziarsi;
  • i batteri residenti combattono contro i patogeni usando veri e propri meccanismi di difesa e stimolando il nostro sistema immunitario a fare lo stesso.

Questa ultima funzione è particolarmente interessante perché esistono numerosi elementi immunitari a sorvegliare come Cerberi l’esteso accesso intestinale. Tra la lunghezza del tubo digerente e l’aumento della superficie assorbente, mediante i villi intestinali, l’intestino è il più ampio punto di contatto con l’ambiente esterno.

Il meccanismo con cui i microbi buoni stimolano le funzioni immunitarie è molto interessante:

essi vengono “tollerati” quanto basta per tenere sempre pronti i nostri centri linfoidi lungo l’intestino. Quando alcuni motivi molecolari di origine patogena riescono a superare la barriera di muco, il sistema immunitario si attiva per neutralizzarli. Solo in situazioni molto gravi, la reazione immunitaria diventa sistemica e attiva una risposta diffusa a tutto il corpo.

Inoltre, è stato più volte ipotizzato un ruolo del microbiota nella presentazione al sistema immunitario degli antigeni alimentari allo scopo di “esercitare” i globuli bianchi a non reagire in modo superfluo contro sostanze inerti, come purtroppo accade nel caso di allergie alimentari. Il microbiota svolge funzioni correlate alla neutralizzazione di xenobiotici come farmaci o sostanze tossiche e partecipa al metabolismo e al ricircolo enteroepatico degli acidi biliari, di vitamine e sostanze fitochimiche.

Asse intestino-cervello

Basterebbe pensare all’influenza dello stato d’animo sull’intestino (diarrea o stipsi nervosa) per capire che esiste un asse intestino-cervello. Anche se questo potrebbe sembrare un sistema a senso unico, importanti indizi rimandano a una strada a doppio senso che vede un coinvolgimento del nervo vago e un vero e proprio sistema nervoso enterico (o viscerale). Con meccanismi ancora poco compresi, fitte innervazioni creano una rete di intercomunicazione (andata e ritorno) tra l’intestino e il cervello.

I microbi, direttamente attraverso la biosintesi di molecole segnale o indirettamente stimolando il sistema nervoso enterico, svolgono un ruolo centrale nella comunicazione tra intestino e cervello. I segnali riguardano neurotrasmettitori, sostanze neurotrofiche e neuroattive, piccole molecole che diffondono passivamente, ormoni enterici e metaboliti.

Se pensiamo al ruolo decisivo dell’alimentazione per le variazioni microbiche intestinali, forse un giorno saremo in grado di capire come il cibo cambia anche le nostre funzionalità centrali attraverso il microbiota.

La letteratura ha già mostrato un coinvolgimento endocrino attraverso la comunicazione con l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene che estende l’azione del microbiota alla secrezione di catecolammine e altri ormoni. L’interessamento di tutti questi sistemi di regolazione ha stimolato la nascita della disciplina PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia), che si prefigge lo scopo di comprendere i meccanismi trasversali di interazione regolatoria, per quanto ancora poco note e dalle limitate applicazioni.

Sempre maggiori evidenze scientifiche suggeriscono che esiste un asse intestino-fegato-cervello. Questo sistema pleiotropico di intercomunicazione tra organi si basa sia su innervazioni tra intestino e cervello, sia su segnali chimici e ormonali tra intestino e fegato in cui sono fortemente implicati gli acidi grassi a catena corta.

Già da tempo è noto che la degradazione delle fibre alimentari a opera del microbiota porta alla formazione di acidi grassi a catena corta. Si tratta di molecole volatili che non possono essere ritrovate nel cibo ma che sembrano ricoprire molteplici funzioni: dall’acidificazione del lume intestinale, come abbiamo già visto, alla funzione di nutrimento per gli enterociti dell’intestino.

Inoltre, avendo un’elevata solubilità e diffusione attraverso le membrane, gli acidi grassi a catena corta non devono essere trasportati dal sistema obbligato degli altri grassi mediante traslocazione attiva dal lume intestinale verso i vasi chiliferi. Essi diffondono passivamente raggiungendo i vasi sanguigni e seguendo il trasporto verso il fegato mediante la vena porta. In tal modo si realizza un sistema energetico molto efficiente, senza il carattere aterogeno di altri lipidi assorbiti con la dieta. Insieme agli acidi grassi a catena corta, il sistema portale trasporta molte altre molecole segnale.

Microbiota e genetica

Fino a questo momento abbiamo discusso le dinamiche del microbiota nella loro espressione fenotipica (caratteri acquisiti durante la vita). Di recente, si è posta l’attenzione sull’interazione tra microbi e uomo dal punto di vista genetico. La genetica dell’individuo sembra avere un ruolo nelle dinamiche che portano alla selezione dei microrganismi che compongono il microbiota.

Un esempio evidente deriva dalle popolazioni con una lunga storia di pastorizia che hanno sviluppato una maggiore tolleranza al lattosio. Tra le popolazioni che non consumano abitualmente derivati del latte, si può notare invece una diversa selezione microbica nell’intestino con una maggiore rappresentanza di microbi che sono in grado di degradare il lattosio, poiché questo arriva non digerito fino al colon.

domande sul microbiota

Allo stesso modo, i tratti genetici, che nell’uomo esprimono la capacità di degradare gli amidi, mostrano zone di duplicazione che permettono una maggiore efficienza di degradazione dei cibi amilacei. Tutto ciò ha portato a un cambiamento dei ceppi di microbi intestinali che sono costretti a ripiegare sulla fermentazione di altre sostanze e in misura minore sull’amido. Tale meccanismo genetico ha permesso di adattarci al nuovo panorama alimentare basato sull’agricoltura e quindi, mi dispiace per i sostenitori paleo, di distaccarci dalle esigenze nutrizionali tipiche del paleolitico.

Simili variazioni genetiche possono essere riscontrate attraverso l’evoluzione dell’uomo in quanto specie ma anche nella differenziazione tra le etnie in base a uno specifico comportamento alimentare. È noto che una dieta ricca di sorgo e fibre, come quella del Burkina Faso, porta a una divergenza microbica intestinale rispetto ai bambini europei. È anche vero che alcuni adattamenti alla dieta possono essere riscontrati nel genoma.

Microbiota tra fisiologia e adattamento
Invecchiamento e intestino

Invecchiamento e intestino

Nessuno è riuscito ancora a capire se è il comportamento in senescenza che plasma il microbiota o se questo stesso si modifica nel tempo portando involontariamente a variazioni delle abitudini. Di certo, l’invecchiamento porta a riorganizzazioni microbiche sia a livello di phila (grandi gruppi di batteri) che a livello di famiglie e ceppi. Questa informazione potrebbe sembrare irrilevante se non si fosse osservato che gli individui più longevi mostrano un microbiota più sano. I dati in letteratura sono al momento limitati, ma è certamente un interessante spunto di riflessione.

Il concetto di inflammaging (infiammazione e invecchiamento) è la chiave di volta per comprendere i processi di senescenza ma anche i meccanismi che collegano l’invecchiamento alle patologie. Sappiamo che, col progredire dell’età, l’aumento del consumo di farmaci e di antibiotici può perturbare profondamente il microbiota. Tuttavia, potrebbe essere possibile prevenire il peggioramento delle funzioni microbiche che si osserva in senescenza.

È sempre più evidente la correlazione tra le patologie cronico-degenerative e lo stile di vita assunto durante tutto l’arco dell’esistenza. Trovare la chiave per favorire la resilienza del microbiota potrebbe darci un vantaggio che non si limita al solo intestino ma anche ad alcune patologie. Affronteremo questo tema in un prossimo appuntamento.

Dott. Gianluca Rizzo, Biologo Nutrizionista, Dottorato in biologia e biotecnologie cellulari

Per approfondire

  • Cell Metab. 2020 Dec 3;S1550-4131(20)30605-7. doi: 10.1016/j.cmet.2020.11.010. Current Concepts, Opportunities, and Challenges of Gut Microbiome-Based Personalized Medicine in Nonalcoholic Fatty Liver Disease
  • Nutrients. 2020 Dec 7;12(12):3759. doi: 10.3390/nu12123759. The Gut Microbiome, Aging, and Longevity: A Systematic Review
  • J Clin Med. 2020 Nov 28;9(12):3876. doi: 10.3390/jcm9123876. Did the Brain and Oral Microbiota Talk to Each Other? A Review of the Literature
  • Porto Biomed J. 2020 Mar 17;5(2):1-8. doi: 10.1097/j.pbj.0000000000000059. Influence of gut microbiota dysbiosis on brain function: a systematic review
  • World J Gastroenterol. 2020 Oct 28;26(40):6141-6162. doi: 10.3748/wjg.v26.i40.6141. Role of gut microbiota via the gut-liver-brain axis in digestive diseases

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Edito da

Gianluca Rizzo, laureato in Scienze Biologiche, ha frequentato per dieci anni i laboratori di ricerca universitaria in biologia molecolare, biologia cellulare e biochimica a Messina e a Roma. Dopo un Dottorato di Ricerca e un Post-Doc su malattie neurodegenerative correlate all’invecchiamento, ha deciso di proseguire il suo percorso nel settore della Nutrizione, applicando un approccio basato sull’evidenza, sviluppato durante il percorso di ricerca. Ha frequentato un Master in Integratori Alimentari e un perfezionamento Universitario in Nutraceutica. Attualmente si occupa di nutrizione come libero professionista, mantenendo le attività accademiche come autore di pubblicazioni internazionali, referee per riviste scientifiche e docente in Master e seminari universitari.

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