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Microbiota: probiotici, prebiotici e alimenti funzionali

È possibile intervenire nutrizionalmente per mantenere l’equilibrio del microbiota? Cosa sono i probiotici e i prebiotici? Risponde il Dott. Gianluca Rizzo Biologo Nutrizionista, Dottorato in biologia e biotecnologie cellulari

Fino a questo momento abbiamo parlato di alcune dinamiche correlate al microbiota e all’apparato gastrointestinale per la nostra salute e in condizioni patologiche. Adesso è arrivato il momento di capire se esiste la possibilità di intervenire nutrizionalmente per mantenere lo stato di equilibrio microbico o ripristinarlo in caso di disbiosi.

Dobbiamo comunque precisare che la dieta è sempre potenzialmente sufficiente per il mantenimento dello stato di salute e gli integratori non hanno lo scopo di sostituire la dieta, come chiaramente afferma la nostra normativa di settore. Potrebbe sembrare un concetto banale, ma è comunque decisivo perché la nostra biochimica e il nostro microbiota si sono coevoluti con la dieta.

Pensare che non sia sufficiente, sarebbe come affermare che la nostra biologia si è manifestata in cul-de-sac evolutivo che non consente di sostentarci adeguatamente con la sola dieta. Il settore degli integratori è in forte espansione da quando la nuova normativa europea ha chiarito le caratteristiche tecnologiche e di vendita che questo tipo di prodotti può ricoprire.

Tra questi, il settore delle formulazioni destinate alla salute intestinale rappresenta una delle più grandi fette di mercato. Per capire meglio di cosa stiamo parlando, approfondiamo questi aspetti.

Probiotici

I probiotici sono microrganismi vivi capaci di superare la barriera gastrica, raggiungere vitali l’intestino e replicarsi efficacemente in modo da conferire un effetto benefico per l’ospite. L’ospite siamo noi… Ma anche i microorganismi sono nostri ospiti poiché il termine ha un’accezione squisitamente enantiosemica (il significato si applica ai due opposti, quindi all’ospitato e all’ospitante).

Su quale sia questo effetto benefico, la normativa europea non si sbilancia. Più volte sono stati proposti campi d’azione (stimolazione sistema immunitario, benefici cardiocircolatorio, effetti sulla funzionalità gastro intestinale e inibizione di patogeni), sempre rigettati per mancanza di evidenze concrete (complessivamente circa 130).

Lo stesso Ente Europeo per la Sicurezza Alimentare (EFSA) ha rilasciato il suo parere circa l’efficacia dei probiotici di replicarsi nell’intestino e stimolare variazioni nel microbiota intestinale, affermando che tale effetto non può essere considerato un risvolto salutistico. Se trovare un effetto salutistico che possa essere dichiarato con certezza è particolarmente farraginoso, dichiarare un risvolto sulla prevenzione e sulla cura diventa alquanto difficile.

Dobbiamo tenere presente che i probiotici, essendo inclusi dalla normativa degli integratori, non possono vantare efficacia di prevenzione e cura. Quello che può sembrare un cavillo è in realtà un principio fortemente precauzionale che credo calzi perfettamente con i probiotici. Questi, infatti, agendo su un microbiota, mostrano effetti fortemente soggettivi; è dunque improbabile che possano vantare, indistintamente e per ogni individuo, la medesima efficacia.

In principio era il latte fermentato

Tutto ebbe inizio con la fermentazione del latte. L’uomo si è sempre servito dei microorganismi, in modo più o meno consapevole, per la trasformazione del cibo. Basti pensare che la produzione del pane, della birra, del vino e di tanti altri alimenti di uso comune, prevede l’azione di microbi che cambiano radicalmente le caratteristiche dell’alimento di partenza, fornendo spesso un prodotto dalle proprietà nutrizionali e dalla consistenza diverse dall’originale.

La storia dei probiotici nasce dal latte fermentato ottenuto dalle popolazioni dell’Europa orientale allo scopo di aumentarne la conservabilità. Il risultato non era per palati facili, ma sembrava avere degli effetti sull’intestino. I fermenti, in principio un pool eterogeneo formato da microbi presenti già nel latte e da altri ambientali, cambiava la natura dell’alimento, provocando una trasformazione acida e un addensamento caratteristico, il cui effetto sostanziale era… quello di far andare in bagno.

Questi fermenti, però, non erano necessariamente in grado di superare la barriera gastrica di vantare le caratteristiche tipiche dei probiotici. L’isolamento di ceppi con queste proprietà ha favorito lo sviluppo di un settore dei probiotici e degli alimenti funzionali. Se tali ceppi erano in principio derivati dal latte, il massimo sviluppo del settore dei probiotici è stato l’isolamento di ceppi derivati dall’uomo con una maggiore specificità verso il nostro microbiota.

Ospiti residenti e ospiti transienti

L’idea di isolare un ceppo “benefico” che possa essere somministrato per ottenere quel risultato per la salute è abbastanza lineare. Purtroppo, come abbiamo detto sin dal principio in questi approfondimenti, i microbi che riusciamo a coltivare fuori dall’intestino sono una minima parte di quelli residenti nel colon.

Inoltre, spesso vengono isolati da componenti transienti e hanno un effetto molto limitato sull’ospite. Quelli residenti, che si moltiplicano all’interno dello strato mucoso dell’intestino e non nel lume, sono poco rappresentati nel materiale fecale e non è possibile isolarli ancora vitali. I pochi ceppi che siamo in grado di isolare e incapsulare in un integratore hanno spesso un effetto blando sulla salute.

In parte, è consolante perché non conosciamo ancora bene gli equilibri del microbiota. Cosa succederebbe se un ceppo apparentemente benefico, trovando condizioni specifiche, si comportasse in modo non benefico? Correremmo il rischio che un probiotico possa perturbare la salute intestinale invece di migliorarla?

Alcuni suggerimenti presenti in letteratura indicano che non si tratta di una possibilità remota. Ci sono interessanti sviluppi nell’eradicazione di patogeni intestinali attraverso trapianto fecale da un donatore sano (un modo elegante per indicare delle pilloline di feci disidratate).

Lo stesso sistema è stato proposto contro l’obesità, anche se si tratta di protocolli sperimentali che necessitano di standardizzazione e di omologazione a standard di sicurezza. Allo stato attuale, l’assunzione di probiotici ha fornito in letteratura degli spunti interessanti ma nella pratica clinica il loro utilizzo è nebbioso e non ben definito.

Prebiotici

Qualunque polisaccaride che arriva nel colon non digerito e viene fermentato dal microbiota intestinale ha un effetto prebiotico. Questo vale quindi per la fibra, l’amido resistente ma anche per altre sostanze come oligosaccaridi basati su fruttosio e galattosio (inulina, FOS e GOS).

Tecnicamente, anche alcuni dolcificanti artificiali, come i polioli, non essendo digeribili, potrebbero avere questo effetto, ma è più verosimile che ne scatenino uno osmotico perché non prontamente fermentati dal microbiota, con conseguente effetto lassativo. Quindi i prebiotici non sono altro che cibo per i nostri ospiti microscopici.

Il loro effetto? Agendo sui batteri presenti nel colon, per la normativa, il loro effetto è il medesimo dei probiotici: benefico! Anche per i prebiotici esiste una letteratura con titoli entusiasmanti ma risultati tiepidi. In alcune circostanze i prebiotici sono inseriti nelle preparazioni di probiotici per ottenere una doppia azione.

Considerati i grandi limiti dei probiotici, spesso legati anche alla scelta della matrice di assunzione che può cambiare la vitalità finale dei microbi, i prebiotici potrebbero essere più promettenti. Rimane, comunque, il limite dell’eterogeneità del microbiota individuale.

Inoltre, come abbiamo accennato nel caso di malattie infiammatorie corniche intestinali, alcune fibre, e quindi anche i prebiotici, potrebbero peggiorare la sintomatologia. È quindi necessario non sottovalutare i rischi di trattamenti con integratori, assumendoli con leggerezza.

Gli alimenti funzionali

Se la dieta è insostituibile per il mantenimento dello stato di salute, sottovalutare gli alimenti che possono agire in modo benefico potrebbe essere un errore. Pescando dalla tradizione culinaria di varie popolazioni, specialmente quelle asiatiche, si nota come i cibi fermentati rappresentino una potenziale fonte di prebiotici e probiotici.

I dati di letteratura mostrano effetti incoraggianti per il consumo di alimenti fermentati nella prevenzione di molte malattie croniche. Potrebbe essere l’occasione per scoprire nuovi sapori e avvicinarsi ad altre culture, curando nel contempo la nostra salute. Inoltre, gli alimenti fermentati tradizionali hanno un ampio profilo di sicurezza perché utilizzati storicamente da ampie fasce di popolazione.

domande sul microbiota

Non è da sottovalutare il fatto che molti integratori di estratti vegetali hanno un’indicazione di utilizzo basata su effetti sull’apparato gastro-intestinale. Quindi, se l’effetto prebiotico di molti vegetali, anche di uso comune nella dieta, è stato riconosciuto nelle attuali normative per un numero limitato di sostanze (14 sostanze con effetto prebiotico), molti altri effetti documentati e accettati sono indirettamente correlati all’azione del microbiota (oltre 400 sostanze che riguardano equilibrio della flora intestinale, regolarità del transito intestinale, motilità gastro-intestinale, eliminazione di gas, funzione digestiva).

Con oltre 1.200 specie vegetali e più di 60.000 integratori commercializzati in Italia, orientarsi tra le opzioni disponibili diventa quasi impossibile. Le abitudini alimentari possono essere decisive per una migliore salute intestinale e le evidenze in questo senso sono molto chiare, rispetto all’uso specifico di prebiotici e probiotici: una dieta ricca di grassi e zuccheri semplici e povera di fibre e carboidrati complessi altera il microbiota riducendone le funzionalità benefiche.

Lo spostamento verso una dieta prevalentemente vegetale sembra l’opzione più logica, a patto che questo non avvenga con l’utilizzo di alimenti vegetali altamente raffinati e ricchi di grassi.

COVID-19

Recentemente, la letteratura scientifica è stata sommersa di dati emersi dall’attuale pandemia COVID-19. Il motivo è insito nella necessità di accelerare il processo della conoscenza per risolvere questa crisi sanitaria mondiale.

Anche se la maggior parte delle pubblicazioni riguarda i trattamenti farmacologici e i meccanismi infettivi a carico dell’apparato respiratorio, esistono i primi indizi dell’interessamento del microbiota in caso di infezione dal virus responsabile SARS-CoV-2. L’intuizione centrale è insita nella scoperta che il virus utilizzi il recettore ACE-2 per invadere le cellule.

Questo recettore non è esclusivo dell’apparato respiratorio poiché lo troviamo anche sulla superficie degli enterociti dell’intestino. I microbi potrebbero modulare l’espressione del recettore, modificando indirettamente la capacità infettiva del virus.

Le conferme della presenza di SARS-CoV-2 nell’intestino sono limitate ma non è da sottovalutare il ruolo del microbiota nella modulazione del sistema immunitario. Inoltre, è stato più volte evidenziato come l’età avanzata alcune patologie espongano maggiormente ai rischi del COVID-19. Le stesse patologie (diabete, ipertensione, obesità) e la senescenza interessano variazioni del microbiota intestinale.

probiotici
kefir d'acqua

Conclusioni

Questi approfondimenti si sono soffermati solo sulla superficie di un argomento estremamente complesso e articolato. Ad oggi, in letteratura troviamo decine di migliaia di articoli sui probiotici, quasi diecimila sui prebiotici e quasi centomila sul microbiota, con una curva esponenziale di articoli presentati di anno in anno.

Offrire una visione completa ed esaustiva dell’argomento sarebbe stato impossibile, se non fuori luogo. Non dimentichiamo che la nostra chiacchierata si è svolta prevalentemente sul microbiota del colon ma gli studi su altri tipi di microbiota sono in forte espansione.

Un esempio è dato dal ruolo del microbiota nel cavo orale per far fronte a carie e periodontite. Di recente, il microbiota orale è stato correlato anche a patologie di altri distretti, sia metaboliche che neurologiche. In particolare, sembra esserci una correlazione stretta tra disbiosi orale e demenza, che potrebbe dipendere però anche dalla poca igiene orale dipendente dai disturbi cognitivi.

Allo stesso tempo, alcune patologie neurologiche come la sindrome di Down e l’autismo, sono associate ad alterazioni immunitarie che generano dinamiche deleterie nel rapporto con i microbi residenti e normalmente innocui, come nel caso del mughetto o micosi orale da candida.

Non va sottovalutato, comunque, il ruolo del microbiota orale come fonte di microbi destinati anche all’intestino.

Lo sviluppo delle nuove tecniche molecolari potrebbe spingerci verso l’utilizzo di informazioni sempre più efficaci e atte a comprendere la stadiazione di patologie nella loro fase primordiale, attraverso analisi sempre meno invasive e meno costose.

Nuovi settori di intervento con probiotici si stanno estendendo: l’utilizzo di probiotici specifici per la salute orale o per il benessere mentale (psicobiotici), con la prassi dell’utilizzo di probiotici coadiuvanti a trattamenti farmacologici, non soltanto per quelli antibiotici.

I microbi associati all’intestino hanno mostrato molteplici interazioni con i nostri tessuti a livello locale e sistemico, con interazioni ormonali, nervose, immunitarie e interagendo anche a livello epigenetico mediante acetilazione e metilazione del DNA. Il mondo microbico associato a noi ha ancora molto da dire e noi abbiamo ancora tanto da imparare.

Dott. Gianluca Rizzo, Biologo Nutrizionista, Dottorato in biologia e biotecnologie cellulari

Per approfondire

  • Proc Natl Acad Sci U S A. 2010 Aug 17;107(33):14691-6. doi: 10.1073/pnas.1005963107. Impact of diet in shaping gut microbiota revealed by a comparative study in children from Europe and rural Africa
  • Appl Environ Microbiol. 2007 Feb;73(4):1073-8. doi: 10.1128/AEM.02340-06. Reduced dietary intake of carbohydrates by obese subjects results in decreased concentrations of butyrate and butyrate-producing bacteria in feces
  • Medicina (Kaunas). 2020 Feb 22;56(2):88. doi: 10.3390/medicina56020088. Nutritional Status and the Influence of the Vegan Diet on the Gut Microbiota and Human Health
  • Cell. 2015 Nov 19;163(5):1079-1094. doi: 10.1016/j.cell.2015.11.001. Personalized Nutrition by Prediction of Glycemic Responses
  • Nutr J. 2015 Sep 14;14:95. doi: 10.1186/s12937-015-0084-2. Detection of antibiotic resistance in probiotics of dietary supplements
  • Therap Adv Gastroenterol. 2020 Nov 24;13:1756284820974914. doi: 10.1177/1756284820974914. The gut microbiome: an under-recognised contributor to the COVID-19 pandemic?
Edito da

Gianluca Rizzo, laureato in Scienze Biologiche, ha frequentato per dieci anni i laboratori di ricerca universitaria in biologia molecolare, biologia cellulare e biochimica a Messina e a Roma. Dopo un Dottorato di Ricerca e un Post-Doc su malattie neurodegenerative correlate all’invecchiamento, ha deciso di proseguire il suo percorso nel settore della Nutrizione, applicando un approccio basato sull’evidenza, sviluppato durante il percorso di ricerca. Ha frequentato un Master in Integratori Alimentari e un perfezionamento Universitario in Nutraceutica. Attualmente si occupa di nutrizione come libero professionista, mantenendo le attività accademiche come autore di pubblicazioni internazionali, referee per riviste scientifiche e docente in Master e seminari universitari.

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